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Concetto Pozzati. Il corsaro della pittura

Concetto Pozzati è un artista che ha tracciato un ponte dialogante tra le diverse correnti culturali del dopoguerra, dal surrealismo all’informale, alla Pop Art. Definito da Marchiori “il corsaro della pittura”, citazione a lui particolarmente cara, nato a Vo’ Vecchio (Padova) nel 1935, figlio dell’artista Mario Pozzati, da ragazzo, per alcuni anni, va a Parigi a lavorare nello studio dello zio Sepo. In questi anni, respirando il clima culturale della Parigi degli anni quaranta, conoscendo tra gli altri Licini, mentre si impegna nella grafica al fianco dello zio, artista tra i più importanti cartellonisti pubblicitari del novecento, matura il progetto di iniziare a confrontarsi con l’arte. Trasferitosi poi a Bologna, con la città mantenne sempre uno stretto legame, con i suoi amici, trasformando anche il rapporto privilegiato con la Galleria De Foscherari
in sodalizio mai interrotto (tra i momenti memorabili un ricordo per tutti nel 1963 la mostra Le tre Progressioni , protagonisti Luciano De Vita, Pirro Cuniberti e Concetto Pozzati che chiusi per 20 ore dipinsero ciascuno un’opera sui muri della galleria). “Vengo dall’informale, poi ho tentato di modificare macchie e corrosioni, muri e stratificazioni in fantasmi organici. Figuralità, dicevano e non (nuova) figurazione. Rendere cosa il fantasma e fantasma la cosa. Tutto era fantasma tutto era cosa-figura ma tutto era presentato mai rappresentato” con queste parole Concetto Pozzati si raccontava. Le sue opere nei lunghi anni del suo lavoro mantengono uno stretto rapporto con il segno, traccia distintiva del suo stile anche quando, dopo un iniziale periodo informale si confronterà con l’arte di Magritte, De Chirico, da lui definiti i suoi maestri ideali. Cuce poi uno stretto rapporto con la Pop Art inglese ed americana ed è tra gli artisti presenti alla storica Biennale di Venezia del 1964 (nello stesso anno è presente a Documenta a Kassel; tornerà ad esporre di nuovo in Biennale nel 1972, 1982, 2007, 2009; mentre nel 1963 le sue opere erano state presentate alla Biennale di Tokyo, solo per citare alcune delle sue partecipazioni ad esposizioni internazionali). Sono gli anni nei quali diventa uno dei più interessanti ed importanti rappresentanti della Pop Art italiana, portando avanti una ricerca che non intendeva illustrare o glorificare il processo o le merci del consumo, ma che piuttosto indagava il rapporto arte-merce, fino a spostare l’attenzione soprattutto, citando le sue parole, “alla critica del guardare e dell’occhio”. Produzione di differenze, turbamento, contaminazione, ginnastica delle mani e degli occhi, spaesamento, ambiguità, ironia, arte come interrogazione, dilaniante, divisione tra sperimentazione e tradizione, tra conservazione e tradizione, arte come fare, arte e responsabilità politica. Questi alcuni dei concetti ricorrenti nella sua lunga e intensa vita artistica nella quale, come scrive Pier Giovanni Castagnoli “la ricchezza degli esiti linguistici, la flessibilità degli strumenti, la proprietà e la pregnanza con cui essi hanno saputo tradurre esigenze, propositi pensieri che si sono continuamente rinnovati con inesausta tensione intellettuale ed indomata partecipazione emotiva nel corso degli anni”.
Nell’arte non solo come pittore ma chiamato anche a ricoprire incarichi in istituzioni private e pubbliche. Straordinario professore all’Accademia di Belle Arti, direttore negli anni settanta dell’Accademia di Urbino, attento studioso e conoscitore dell’arte, amava molto parlare del lavoro degli altri artisti, curioso di dialogare con i suoi studenti, alcuni dei quali oggi importanti artisti, capace di condividere con loro conoscenze e passioni e costruire rapporti umani continuati negli anni e tutto questo, anche, faceva parte dell’essere artista di Concetto Pozzati.

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