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Marco Lodola per la Reggia di Caserta

Enzo Battarra

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Marco Lodola

Rispetta la simmetria vanvitelliana il progetto di Marco Lodola per un intervento alla Reggia di Caserta. Sulla facciata si illuminano su entrambi i lati due maxi pannelli in perspex con fasce bianche, rosse e verdi, che richiamano il tricolore nazionale e seguono scrupolosamente l’ordine delle finestre. Dal piano stradale emergono poi due trittici di sculture luminose posti ai lati dell’ingresso centrale, quello che si continua nel cosiddetto Cannocchiale ottico. Ebbene, la spina dorsale del Palazzo appare di colore blu in continuità cromatica con la via d’acqua che prosegue fino al punto più remoto del Parco, lì dove ha inizio la cascata. Per Lodola questa è «La casa del sole che sorge», titolo del progetto. È dunque uno scrigno solare, il luogo che custodisce con la sua architettura la luce per poi consegnarla al mondo. E ogni giorno rinnova il suo abbagliante rituale.

Marco Lodola interpreta dunque la struttura formale di Luigi Vanvitelli e lo fa garantendone le geometrie, rimarcando con la luce i percorsi reali e ideali. Al tempo stesso ovviamente la trasfigura, la segna con i suoi colori, con le sue forme. Con le sue luci.

È un confronto tra arte e architettura, tra il rigore formale di un barocco pronto a sfociare nel neoclassicismo e un artista lanciato negli anni 80 come neofuturista e oggi interprete acclamato di una ricerca che mutua dal pop gli slanci cromatici e il taglio grafico.

Il palazzo reale vanvitelliano, bene consacrato dall’Unesco come patrimonio dell’umanità, è custode delle opere di Jakob Philipp Hackert, il grande vedutista tedesco amico di Goethe, pittore di corte del re Ferdinando IV di Napoli, autore delle celebri pitture ritraenti Caserta e la sua reggia e la serie dei porti del regno borbonico. Ma lo stesso palazzo ospita anche la collezione Terrae Motus, la straordinaria raccolta messa su da Lucio Amelio di opere monotematiche dedicate al sisma del 1980 in Campania e in Basilicata. Qui ci sono capolavori di Andy Warhol, Joseph Beuys, Keith Haring, Robert Rauschenberg, Julian Schnabel, Miquel Barcelò, Tony Cragg, Gilbert e George e dei maggiori artisti italiani protagonisti degli anni Ottanta.

Insomma, la Reggia vanvitelliana è uno straordinario esempio di architettura, ma è anche un museo completo, con collezioni storiche importanti dal Settecento alla fine del Novecento, con testimonianze archeologiche e con un parco monumentale. Insomma, il Museo Reggia vive in simbiosi con l’architettura con cui si rapporta.

Marco Lodola lo sa. Il suo approccio al Palazzo ha quel sapore irridente e irriverente della sua matrice neofuturista dalle contaminazioni pop. Accende con il tricolore la facciata della Reggia, ma non oltraggia la scansione formale, anzi la sottolinea, la esalta. Le sei figure luminose, disposte a presidiare la casa del Re, saranno guardiani del Regno, in un tripudio notturno di luci, colori e forme. Sarà come portare il sole a mezzanotte.

Tags: Marco Lodola

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