home Recensioni Corpo, Spazio e Tempo: l’arte tra i Confini di Federica Gonnelli

Corpo, Spazio e Tempo: l’arte tra i Confini di Federica Gonnelli

Venerdì 8 marzo ha inaugurato presso lo spazio espositivo Arte Spazio Tempo di Venezia Tra i Confini, la mostra personale di Federica Gonnelli (Firenze, 1981), a cura di Martina Campese. Il progetto espositivo riprende e approfondisce uno dei temi cari all’artista, il concetto di confine, che si presta facilmente a una duplice interpretazione:considerando la sua visioneinterna, assume l’accezione positiva di luogo in comune, di aggregazione e condivisione, mentre dal punto di vista esterno, quella esattamente contraria e più problematica di limite, linea di demarcazione e separazione tra una realtà e un’altra.

Giocando su questa instabile dualità, tutta la ricerca artistica di Federica si ripropone di esplorare a fondo e portare a galla tutte le articolate sfaccettature che si celano dietro il concetto di confine, indagato sia dal punto di vista artistico – mediante una sperimentazione e una stratificazione continua di medium e tecniche differenti – sia geografico, fisico/corporeo, culturale e politico.

Attraverso un meticoloso lavoro di indagine e riflessione, l’artista crea delle composizioni, il più delle volte di natura installativa, che fungono da meccanismi di esplorazione e superamento di confini prestabiliti o imposti.

La scelta stessa di impiegare tecniche e mezzi espressivi differenti nella sua pratica artistica, nonché il ricorso costante nelle sue creazioni alla sovrapposizione, dapprima di velature di colori, poi di carte, elementi vegetali e nella produzione più recente di immagini fotografiche, nasce dalla continua esigenza di sfidare e travalicare qualsiasi confine netto e predefinito, partendo proprio dal sovvertimento dei confini artistici.

Ecco, allora, che nelle sue creazioni – rifuggendo qualsiasi tentativo di classificazione – alle opere più tradizionali si affiancano azioni performative, interventi sonori, videoinstallazioni, in cui l’artista soddisfa la sua continua esigenza di cambiamento, ricerca e sperimentazione delle nuove tecnologie, senza mai dimenticare però la progettualità e il rigore scientifico del disegno, della pittura e della scultura.

La mostra nello spazio veneziano si presenta proprio come un continuum di questa ampia ricerca, cercando anche di trovare, attraverso una selezione di opere site specific, una declinazione ad hoc per il particolare contesto di riferimento, ovvero il ghetto ebraico di Venezia.

Tra le opere principali vi è sicuramente l’intervento “Tesi – tra le Attese”, dove il concetto di confine è indagato sotto il profilo del corpo, inteso come entità definita da confini, che delineano la peculiare identità fisica di ciascuna persona.

L’artista, dopo un percorso di ricerca e studi sul corpo e sui modi di indagine e misurazione dello spazio attraverso di esso, si concentra anche sulle nozioni di spazio e tempo, arrivando a realizzare una serie di interventi installativi focalizzati proprio sul dialogo tra Corpo, Spazio e Tempo.

Su questa specifica riflessione si incentra “Tesi – tra le Attese”, in cui l’attesa si materializza attraverso un’asta metallica alle cui estremità sono poste due sfere, che viene impiegata come strumento di indagine e di misurazione della dimensione spazio-temporale.

In occasione dell’opening della mostra, un gruppo di ballerine della scuola di danza Pas de Chat si è esibito in una delicata performance, in cui, muovendosi sulla monotona melodia della traccia sonora riprodotta, hanno utilizzato l’asta metallica per rintracciare e testare le relazioni tra i propri confini corporei e lo spazio circostante.

Proseguendo, troviamo un corpus di opere che indagano i confini più strettamente geografici, specificamente concepite per il contesto veneziano, in linea con la tendenza creativa dell’artista a realizzare i suoi lavori partendo dalle personali suggestioni suscitate da un particolare luogo o da una specifica condizione.

In relazione al peculiare ambiente lagunare, Federica ha creato la serie intitolata “Quel qualcosa che si consuma e si crea”, in cui ha impresso su organza immagini fotografiche sovrapposte di alcuni scorci di una Venezia impalpabile ed effimera, aggiungendo dei granelli di zucchero sulla superficie, in modo da ricreare lo stesso effetto di cristallizzazione salina delle pareti dello spazio espositivo.

Nell’installazione “Labile laboratorio” è invece proprio il ghetto a diventare protagonista della composizione. 

Partendo dallo studio delle mappe storiche del ghetto ebraico di Venezia, l’artista – attraverso un processo di astrazione – riesce a geometrizzare i confini del ghetto, estrapolando delle strutture metalliche semplificate, che, immerse nell’inchiostro, danno poi vita a una serie di monotipi.

Nell’ultima sala, ad accoglierci è l’installazione “Louise & Herbert”, costituita da una composizione di cubi in legno su cui l’artista interviene facendo nuovamente ricorso al mezzo fotografico, imprimendo su organza scatti di volti differenti, sovrapposti gli uni sugli altri, in modo da creare un’immagine identitaria dai contorni labili e dai tratti indefiniti. 

Ancora una volta, ritroviamo quindi il medium fotografico, a voler rappresentare un po’ il filo conduttore di tutta la pratica creativa dell’artista. 

Tuttavia, l’utilizzo della fotografia – così come nelle stratificazioni degli scatti fugaci e indefiniti della laguna – non serve a fissare e imporre uno sguardo univoco e chiuso dell’immagine immortalata, bensì funge proprio da dispositivo di esplorazione, manifestazione e sovvertimento di qualsiasi confine definito, che si tratti dei confini fisici e corporei di una persona, di quelli geografici di un luogo, di quelli socio-culturali e politici, o ancora più semplicemente dei confini canonici tra le varie discipline artistiche.

Federica GonnelliTra i Confini
8 – 31 marzo 2019
a cura di Martina Campese
Arte Spazio Tempo, Venezia

About The Author