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Inside Lottozero

Inside Lottozero è una mostra che indaga l’utilizzo della materia tessile nell’arte contemporanea attraverso le opere di 13 artisti italiani e internazionali, facendone emergere la versatilità come medium capace di veicolare linguaggi artistici diversi tra loro: pittura, scultura, fotografia, installazione, performance, suono e video, accanto a forme espressive più tradizionalmente legate al tessile come costume, arazzo e soft sculture.

Inside Lottozero si avvale di un’idea di fruizione non-stop, dilazionata nel giorno dell’inaugurazione nell’arco di 12h, dal tardo pomeriggio alla mattina. Come se restare in mostra per una notte intera e poter dormire dentro un’opera fatta di tessuti diventasse la condizione privilegiata per riflettere sulla specificità dei lavori esposti.

Materia duttile e plasmabile non solo per la sua ricchissima storia di tecniche di tessitura e intreccio che si sono sviluppate nei secoli, ma anche per le sue molteplici valenze di carattere antropologico, storico, politico e sociale. Un medium capace quindi di veicolare ricerche artistiche diverse tra loro come pittura, installazione e performance, comprese espressioni più tradizionalmente legate al tessile quali arazzo e costume, fino ai linguaggi apparentemente più distanti del video e della fotografia.

In occasione della inaugurazione, alla mezzanotte esatta, avrà luogo uno Sleep Concert, un concerto che si dispiega per tutta la notte in un susseguirsi ininterrotto di live set pensati per costruire un ambiente sonoro immersivo, mentre il pubblico dorme, o ascolta in una transizione continua tra stati di sonno e stati di veglia. Fulcro e centro di convergenza di tutta la mostra è l’installazione site specific di Arianna Moroder, un’opera che disegno lo spazio di azione dei musicisti coinvolti nel concerto e insieme funziona da dispositivo relazionale che invita il pubblico a prepararsi per la notte, essendo costituita di stoffe e tessuti che poi verranno usati come coperte e giacigli. Un’installazione che si disfa e contemporaneamente prende forma nel corso della notte, nel modo in cui le persone ne faranno uso.

La scelta di programmare uno Sleep Concert come parte integrante della mostra, è il tentativo di ribaltare la questione teorica sul piano dell’esperienza, così che la riflessione venga vissuta durante l’evento notturno come una metamorfosi tra stati percettivi diversi: sonno, veglia, dormiveglia, meditazione, ascolto, sogno.

A seconda della fisionomia dello spazio espositivo la mostra ogni volta si reinventa, giocando a ricreare un’arena performativa in cui le opere si succedono senza soluzione di continuità. Alcune si distinguono per una concezione estesa e ibridata di performance, come il lavoro dell’artista cilena Marjorie Chau, che partendo da una formazione nel Butoh elabora un suo personale linguaggio in cui costume, coreografia e video portano alla costruzione di personaggi onirici e fantastici, provenienti da un immaginario legato alle leggende tradizionali cilene, capaci però di intercettare la problematica ecologica dell’inquinamento del Pacifico. Aldo Lanzini si muove invece tra happening e performance facendo indossare al pubblico le sue coloratissime maschere realizzate a uncinetto, al suono di ritmiche electro-tribali, interessato a innescare una dinamica di costruzione e de-costruzione del soggetto in situazioni di collettività. L’elemento sonoro torna anche nella performance di Kathrin Stumreich, che con la sua Fabricmachine traduce in suono le proprietà fisiche del tessuto che viene fatto scorrere dentro una sorta di macchina-telaio. La performatività del lavoro di Claudia Losi è invece quella che viene richiesta al pubblico nell’attraversamento della sua installazione composta da strutture a paravento ricoperte da nastri multicolore, intrecciati secondo uno schema ortogonale. I nastri recano scritte che richiamano l’esperienza di un altro cammino, compiuto dalla Losi l’anno precedente. Nelle opere degli altri artisti questa performatività rimane più latente, senza però mai del tutto scomparire, implicita nella natura stessa della materia tessile, che nelle sue molteplici funzioni rimane fortemente legata alla dimensione del corpo. Esibito nella sua nudità o celato dentro aggrovigliate matasse lanose, esso esprime una vulnerabilità primordiale che ricorre sia nel lavoro di Zoè Gruni che in quello di Anna M. Rose, dove la materia prima, fibra sintetica o naturale come juta e saggina, si carica di valenze antropologiche. Il corpo è il protagonista assente anche del lavoro di Virginie Rebetez, che documenta con la fotografia una pratica rituale di sepoltura di una popolazione del Sud Africa che prevede che la stele funeraria rimanga avvolta e come impacchettata da stoffe e coperte, fino al momento del disvelamento della tomba, e della identità del defunto.

Il duo composto da Marie Ilse Bourlanges e Elena Khurtova lavora invece su una rappresentazione metaforica del corpo nel suo momento di massima vulnerabilità, quando la malattia altera la funzionalità del sistema biologico generando imperfezioni, alterazioni e difetti strutturali. Il loro intervento, di natura scultorea, consiste in una serie di maquette che raffigurano intrecci di filati per maglieria realizzati però in porcellana, un materiale di per se stesso simbolo di fragilità.

L’arazzo di Nicole Miltner, se da un lato è il tassello di congiunzione con quella storia della textile art che fonda la sua origine nella tecnica della tessitura, dall’altro entra in dialogo con un altro lavoro, la serie fotografica Body Looming di Mariana Sales, che scompone l’atto del tessere a pochi gesti essenziali trasformando il corpo stesso in una sorta di struttura-telaio. Una dialettica che ricorre anche tra le opere, apparentemente molto distanti tra loro, di Roland Barth e del collettivo Zeitguised, dove il primo dipinge su carta con gli strumenti analogici della stampa serigrafica (lo schermo per la fotoincisione e la racla), mentre i secondi mostrano in video una coreografia di stoffe e tessuti interamente ricostruiti con un linguaggio algoritmico e digitale. Eppure resta la sensazione di percepire un’analogia, un rapporto indiretto tra i due lavori, sotteso nella potenzialità della materia tessile di farsi conduttore di una processualità, non solo di natura tecnica, ma soprattutto legata al suo utilizzo performante nella vita dell’uomo.

Inside Lottozero
Sede Lottozero ph Duccio Burberi

La mostra segna l’inizio delle attività di Lottozero, un Centro di Sperimentazione e Ricerca sul tessile che ha sede a Prato (Italia), la cui inaugurazione è prevista per la fine del 2016. Lottozero sarà in primo luogo un laboratorio attrezzato con macchinari per lo sviluppo di prototipi, ma avrà anche uno spazio adibito a Kunsthalle e ospiterà residenze rivolte a designer tessili e artisti.

Questa prima collettiva risponde all’esigenza di gettare una fondazione teorica per un pensiero che poi si svolgerà in futuro principalmente attraverso mostre personali, a conclusione delle ricerche sviluppate nelle residenze.

Lo spazio è fondato e gestito da Arianna e Tessa Moroder, ideatrici del progetto espositivo in collaborazione con Alessandra Tempesti, storica dell’arte, curatrice e sound artist (con il moniker Gea Brown). Il catalogo della mostra includerà anche un saggio dalla studiosa Uthra Rajgopal.



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Data e Ora
15/10/2016 - 16/10/2016 / 18:00 - 06:00

Luogo
Lottozero



Roberto Sala

Art director della rivista Segno insegna Grafica editoriale all'Accademia di Belle Arti di Brera