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Al Marca  “Reperti contemporanei” di Antonio Saladino

Gli  spazi  espositivi del  museo MARCA, dal 24 Novembre 2018 al 19 Gennaio 2019, ospitano la mostra personale di Antonio Saladino, promossa dall’Amministrazione Provinciale di Catanzaro  e dalla Fondazione Rocco Guglielmo. L’esposizione, curata da Teodolinda Coltellaro e intitolata Reperti contemporanei, propone alla visione oltre  50 opere scultoree in ceramica, impreziosite da patine e inserti policromi,  attraverso cui  l’artista declina  la sua ricerca linguistica in una raffinata narrazione visiva ricca di suggestioni evocative sospese tra arte e archeologia. Nella dimensione museale, i suoi frammenti figurali, i corpi, gli oggetti ceramici si offrono allo sguardo del  fruitore che ne può cogliere la struttura formale, la capacità narrante,  scoprendo nella loro identità scultorea  contemporanea, la loro  derivazione segnica che affonda nella densità del tempo storico. Infatti, “(…) quelli di Saladino-  scrive la curatrice nel suo testo critico- sono reperti senza cronologia, senza storia  che narrano di  storia, che declinano antiche seduzioni suggerendone di nuove  attraverso la propria  unicità di manufatto artistico realizzato nei modi e nei riferimenti linguistici della contemporaneità. Possono definirsi reperti contemporanei con una stratificazione sedimentaria “a venire” che, nella sovrapposizione  di  elementi segnici significativi,  riconducono alle tracce della storia  e alla storia della loro genesi creativa, indicando  in ciò stesso la loro leggibilità di opera. Essi sono straordinari e ingannevoli  nella loro raffinata sintassi scultorea in ceramica. Sono oggetti di un mondo disperso, spesso torsi  mutili, personaggi di una narrazione polifonica che, su più piani, raccontano la storia stessa dell’uomo; riemersi dalla profondità del tempo  così come sarebbero potuti affiorare dagli strati di uno scavo archeologico. L’artista li ha disseppelliti dalle misteriose  profondità del proprio essere, dalle pieghe più riposte del proprio io, dalle modulazioni di se stesso e delle proprie memorie; li ha ripuliti  con cura dalle incrostazioni prodotte dal tempo, ne ha recuperato la partitura essenziale, disposto e ridisposto i segni identificativi secondo un ordine nuovo suggerito dal proprio pensiero ispirato, dispiegando per essi un destino diverso, sottraendoli così al comune destino delle cose e affidandoli al tempo e al destino dell’opera d’arte. In questo processo di reificazione, ha dato ad essi identità formale e forza narrante attraverso uno scavo condotto nella loro stessa materia costitutiva densa di richiami al tempo storico, giungendo, nella ricerca di una loro verità più alta e sostanziale, fin alle radici del suo mondo immaginativo. Egli, innescando un processo rigenerativo che ha necessità di forma, ha dato corpo  e sostanzialità di opera alla narrazione dell’eterno vagare dello spirito nella ritessitura di momenti essenziali della sua storia, costruendo una contemporaneità frammentata che è memoria di sé e del mondo (…)”.

Alice Traforti, nel suo contributo critico in catalogo, aggiunge: “(…) Un’atmosfera classicheggiante avvolge ciascun manufatto della mostra “Reperti contemporanei”: nell’estetica che rimanda a mezzi busti, cammei, maschere e formelle, nelle tecniche appartenenti alla tradizione dei materiali (argilla, terracotta, ceramica, mosaico, smalto) e nei riferimenti contenutistici alla mitologia greco-romana. 

Privati degli arti e della testa come se fossero degli autentici reperti archeologici consunti dal tempo, tutti i corpi scultorei vengono depredati dei tratti individuali, solcati, forati, svuotati e ridotti all’essenza. Trasformati in architetture antropomorfe, si fanno dimora per le allegorie dei miti ellenici che le abitano, mausolei di antiche glorie, oppure templi pagani, altari consacrati ai doni della natura e alla ricchezza immateriale. In una fusione plastica tra corpo umano e costruzione architettonica, diventano scenari finemente decorati con l’immensità del mare e del cielo, con il calore del sole e con lo splendore della luce. Anche le raffigurazioni presenti nei singoli bassorilievi sono piccoli teatrini, e come tanti frammenti di una visione unitaria giungono infine a comporre una rappresentazione di valenza universale (…)”. 

Per l’occasione è stato realizzato un catalogo bilingue (italiano /inglese), edito da Silvana  Editoriale per la collana “I Quaderni del Marca”,contenente i testi critici di Teodolinda Coltellaro e Alice Traforti ed un apparato biobibliografico dell’artista.

Teodolinda Coltellaro

Antonio Saladino

Ceramista, scultore e pittore, vive e lavora  a Lamezia Terme dove nasce nel 1950. Diplomato in Arte della Ceramica all’Istituto Statale d’Arte di Vibo Valentia,  frequenta la facoltà di Architettura di Reggio Calabria. Come socio fondatore dell’Associazione Archeologica Lametina, successivamente di “Magazzini Voltaire”( 1986 ) e del Centro “Angelo Savelli Artecontemporanea” a Lamezia Terme ( 1993 ), contribuisce a preservare il fragile tessuto storico e la struttura  memoriale del proprio  territorio oltre che, più fattivamente, a produrre e promuovere eventi attraverso cui  entra in contatto con realtà artistiche regionali e nazionali. Collabora, in qualità di disegnatore, con la Sovrintendenza Archeologica della Calabria, per cui   realizza preziosi lavori di  ricostruzione storica di manufatti ceramici antichi. Nell’evoluzione del suo lavoro creativo, gli anni ’70-‘80  costituiscono una fertile  stagione di ricerca e sperimentazione, sospesa tra pittura e scultura, con lo sguardo attento a tutti gli elementi linguistici offerti dal panorama artistico del momento, in pieno fermento innovativo. Negli anni ’90 inizia ad interessarsi in modo pressoché esclusivo di scultura ceramica. E’ di questi anni l’incontro e l’amicizia con Angelo Savelli, la cui frequentazione riverbera positivi influssi sulla sua crescita artistica. Matura e sperimenta, infatti, nuove soluzioni  operative ed espressive, indagando la levità della materia attraverso la ceramica e portando a  pienezza la forte componente spirituale già insita nel suo lavoro scultoreo. In questo stesso periodo l’uso dell’argilla bianca diventa una scelta definitiva che  assimila l’umile connotazione materica del manufatto al risultato estetico della statuaria in marmo. Contestualmente i ritrovamenti archeologici nel territorio regionale, i frammenti scultorei e le statue prive di testa e braccia, affiorati in alcuni scavi, stimolano nell’artista  l’idea del reperto simulato cui dà identità di opera attraverso la sensibilità e la sintassi proprie del pensiero e del linguaggio contemporaneo. Sue opere si trovano in collezioni private e pubbliche in Italia ed all’Estero. Il Museo Civico di Taverna  dedica alle sue opere  uno  spazio  di  esposizione permanente.

Info utili

Museo MARCA – Via Turco 63, Catanzaro

dal martedì alla domenica, dalle 9.30 alle 13.00 – dalle 15.30 alle 20.00

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