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Amelia Etlinger. An American Original

Francesca Interlenghi

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Amelia Etlinger

Collocata per definizione o per scelta in una zona di confine e, tutto sommato, di margine rispetto ai più celebrati paradigmi della Mail Art, del Fluxus, della Poesia Visiva e della Poesia Concreta, Amelia Etlinger è un’artista che travalica liberamente i vincoli e gli schematismi della parola scritta riportandola, prima che alla sua funzione di veicolo di senso, alla sua consistenza fisica e materica.

Una pratica fragile e tenace, un assemblaggio di lettere e fili, che la galleria Osart Gallery di Milano celebra con un’ampia retrospettiva dal titolo “An America Original. Visual poems from 1972 to 1983”. In mostra i poemi visivi inviati a Mirella Bentivoglio, oltre a un meraviglioso arazzo stratificato appartenente alla collezione di quest’ultima: intellettuale, artista e curatrice con la quale la Etlinger aveva stretto un intenso legame e grazie alla quale nel 1978, in occasione della XXXXIX Biennale di Venezia, partecipò alla collettiva tutta al femminile “Materializzazione del linguaggio”. Insieme a un’opera a parete di medie dimensioni datata 1974 appartenente alla collezione di Ugo Carretta, gallerista ed esponente di Poesia Visiva che si interessò al suo lavoro dedicandole due mostre agli inizi degli anni Settanta. 

Nata a New York nel 1933, Amelia Lucille (Wanderer) Etlinger trascorre un’infanzia travagliata con la famiglia affidataria e il fratello Leonard e riceve un’educazione elementare. Appassionata di scrittura –“All’età di 29 anni cominciai a scrivere. Cominciai a scrivere perché dovevo farlo”– inizia cimentandosi con dei racconti che condivide con un’amica per poi subire l’influenza della scrittura rivoluzionaria di Edward Estlin Cummings che la porta a sperimentarsi in uno spazio ibrido di letteratura e arti visive. 

“Non mi importa più come sono le grandi poesie. Le parole scritte su una pagina sono prive di significato” dichiarava in una intervista rilasciata a Ellen Marie Helinka e June V. Rook nel 1975, convinta che il linguaggio, da solo, non fosse più uno strumento espressivo adeguato. 

Ecco allora l’innesto su carta di elementi naturali che spesso l’artista raccoglieva dal suo giardino come pezzi di rete, foglie, semi, ma anche broccati, chellophane, garza, nastri, seta, raso. L’esito produce dei collage multidimensionali in cui si stratificano, insieme alle parole, colori e trame e tessuti. E un’intricata cucitura di fili di seta a tenere romanticamente e saldamente unite queste opere.

“Una mostra realizzata in collaborazione con la galleria L’Elefante di Treviso” racconta Andrea Sirio Ortolani proprietario e direttore di Osart Gallery. “Abbiamo avuto la possibilità di lavorare su quest’artista di cui ci è piaciuta subito la poetica, a tratti piuttosto struggente, esito di una storia di vita complessa in cui l’arte ha avuto anche funzione strumentale in un certo senso, è servita ad alleviare l’angoscia. Abbiamo avuto inoltre la fortuna di poter disporre di un nucleo considerevole di opere, cosa difficile in riferimento alla Etlinger che creava non per il fine di una mostra quanto piuttosto per sé stessa, per un’esigenza liberatoria della propria anima. Al di là di tutte le definizioni possibili, un’arte intimistica. Ellen Marie Helinka, fondatrice negli anni Settanta della rivista ‘13th Moon’ dedicata alla letteratura sperimentale femminile, e autrice del catalogo della mostra, avendo avuto la possibilità di conoscere e approfondire il lavoro di questa artista ci spiega come qui il mezzo sia in realtà strumentale a coltivare un rapporto personale con una determinata persona. Non è un caso che tutta la corrispondenza in mostra sia diretta a Mirella Bentivoglio, un’artista, curatrice, scrittrice e intellettuale a tutto tondo che ha permesso a molte altre artiste che gravitavano intorno a lei di avere maggiore visibilità e con la quale la Etlinger aveva stretto un legame profondo. Fa riflettere su come potesse essere bello ai tempi – a differenza di adesso – vivere un rapporto artistico. Era veramente arte fatta con il cuore tant’è che un cuore, spesso, appare nelle opere così come si rileva la presenza di un filo mai cucito a simboleggiare proprio un legame sentimentale. Guardare queste opere significa vedere questa storia, vedere un racconto emotivo, il rapporto con l’altro. D’altro canto proprio il fatto che il suo lavoro fosse di carattere intimo e spesso indirizzato alle singole persone, più che a un pubblico vasto, ha reso quest’artista poco compresa dai fondatori della Mail Art e oggi far conoscere la sua poetica richiede uno sforzo maggiore, ma io ritengo che sia proprio questa la sua grande originalità.”

AMELIA ETLINGER: AN AMERICAN ORIGINAL Visual poems from 1972 to 1983
Osart Gallery | Corso Plebisciti 12, Milano
fino al 28 Settembre 2019 | dal martedì al sabato, 10 – 13/ 14.30 – 19 (entrata libera)
Foto credits Max Pescio 

Fonti:
Arte Contemporanea. Le ricerche internazionali dalla fine degli anni ’50 a oggi. A cura di Francesco Poli ed. Electa
Amelia Etlinger (1933-1987): Uno spirito libero americano. Poesie Visive dal 1972 al 1983 di Ellen Marie Helinka

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