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Bianco-Valente: il libro delle parole

La ricerca di Bianco-Valente offre stimolanti e sempre nuovi spunti di riflessione sulla contemporaneità e sull’attualità dell’arte: dall’interesse per il medium tecnologico al ricorso al sonoro accostato all’immagine in movimento, sino all’uso della musica contemporanea; dal dialogo continuo con la ricerca scientifica, basti pensare agli studi sul cervello e sulla memoria, al rapporto con il territorio e al contempo ai viaggi e agli scambi con le culture lontane. Relazioni e relazionalità appaiono i punti cardine della ricerca del duo, che nelle loro opere (video monocanale, video-installazoni, interventi relazionali o installazioni) manifestano una spiccata tendenza antropologica, d’una antropologia tecnologica che si fa testimone diretta dell’era digitale, che ha stravolto e re-in-formato il modo di pensare, di agire e di operare.

Non lasciandosi sopraffare da quella che potrebbe esser definita una sorta di “disperazione o dislocazione sociale”, di cui i media sono fautori, le opere di Bianco-Valente eludono il rischio della rarefazione dei contatti fisici. Attraversando le reti telematiche, oltrepassando i confini geografici, i due raggiungono – metaforicamente e non – ogni parte del mondo, esperendo attraverso la tecnologia e la scienza le funzioni sensomotorie, psicologiche e cognitive della mente, amplificandone ed esaltandone le possibilità percettive attraverso l’arte. Questo variegato ed interessante percorso di vita, un tutt’uno con le loro scelte estetico-artistiche, è oggetto della neo pubblicazione Bianco-Valente: il libro delle parole, di Caterina Sinigaglia, edito da Postmedia Books.

Lungi dall’esser sintomo di un mero nominalismo, le parole – del libro – costituiscono il maggior potenziale umano, riconosciuto superiore perfino alle possibilità di declinazione dell’immagine. Il linguaggio è dunque la cifra delle capacità percettive e cognitive, rappresenta la possibilità fattiva di dar forma al mondo. Le parole restituiscono, per dirla in chiave romantica, lo ZeitGeist di un popolo, permettendo di poter cogliere e comprendere le stratificazioni culturali di un determinato nucleo sociale. È il caso di lavori “site specific” come Qui Lontano. Geografia emozionale, realizzato nel 2012 a Senise (Pz) nell’ambito del Festival d’arte contemporanea organizzato da ArtePollino, o Come il vento, lavoro del 2013 realizzato a Becharre in Libano. In entrambi i casi, la ricerca degli artisti parte dall’analisi del luogo, dalle sue trasformazioni e dai ricordi degli abitanti: la memoria personale si affida alla dimensione collettiva, attraverso una forma “relazionale”, volta a tutelare un patrimonio fragile, che rischierebbe di esser perduto nel tempo. Sono opere collettive che vivono della parola scritta sui muri dei palazzi o stampata su cartelloni pubblicitari, cosicché l’esito sia offerto a tutta la comunità, che vi ha preso parte o non. Talvolta, il linguaggio si accompagna al segno, come in Costellazione di me o si riformula esclusivamente attraverso esso come in Complementare, mai depotenziato della sua valenza comunicativa, che al contrario si esplica in una storia di senso, immediatamente intuibile. In quest’ultimo lavoro, un’opera-video, le mani ed il segno sono emblema della presenza umana nelle cose del mondo: della poiesis, dell’alterazione, della manipolazione (come nel video Illimite del 2014, realizzato in collaborazione con Andrea Gabriele) o anche dell’energia legata alla simbologia delle parole, come in Entità Risonante del 2009, in cui una penna traccia sull’acqua segni incomprensibili che si dissolvono in forme effimere e astratte. L’incapacità di comprendere a pieno è il fulcro di Altered State, in cui la percezione si fa semplice intuizione, poiché è possibile afferrare il senso dell’opera, ma non comprendere-leggere esaustivamente tutte le parole che vengono repentinamente proiettate sullo schermo. Tematiche complementari e fascinazioni percettive ritornano ripetutamente nei lavori di Bianco-Valente, che in articolati corpus di opere si interrogano sulla complessità della vita. E la complessità è visibile in numerosi lavori, come il già citato video Complementare, nella video-installazione Realtional Domain o in Relational, installazioni luminose attraverso cui realizzare interventi urbani, in cui sono manifeste “le linee” relazionali che scandiscono gli eventi che ci accadono e ci precedono, ma anche in opere come Sulla Pelle. In questo caso il linguaggio scritto torna ad esser energia simbolica, radicata nell’identità del luogo, di uno in particolare: Napoli, città d’elezione degli artisti, cuore pulsante di vita, dalla cui ricchezza – di contraddizioni e bellezze – si dipana ogni idea di Bianco-Valente. Napoli sembra difatti essere l’alfa (con Materia Prima, 1994-2008) e l’omega (con Il mare non bagna Napoli del 2015, appena acquisita nella collezione permanente del MADRE) della ricerca dei due artisti: quel centro di gravità permanente – come affermano – che fa sempre sentire la sua forza d’attrazione quando siamo in giro per il mondo, ciò che permette loro di spingersi lontano, consci di saper sempre dove e come tornare: Napoli, causa prima di ogni sentire, “primo motore immobile” di ogni fare.

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