home Grandi mostre Cosa significa essere umani oggi? Antony Gormley al cospetto della culla del Rinascimento: Firenze, Forte di Belvedere

Cosa significa essere umani oggi? Antony Gormley al cospetto della culla del Rinascimento: Firenze, Forte di Belvedere

 

Antony Gormley HUMAN Forte di Belvedere, Florence, Italy  Photograph by Emiliano Cribari  Courtesy Galleria Continua and White Cube © the Artist
Antony Gormley HUMAN Forte di Belvedere, Florence, Italy Photograph by Emiliano Cribari Courtesy Galleria Continua and White Cube © the Artist

Oltre ventiduemila visitatori registrati nei primi dieci giorni dall’apertura (25 aprile 2015), la mostra Human di Antony Gormley presso la Fortezza medicea (Forte di Belvedere), sta riscuotendo un notevole successo e accompagnerà l’estate fiorentina fino al 27 settembre 2015. Il progetto – curato da Arabella Natalini e Sergio Risaliti, in collaborazione con la Galleria Continua e White Cube, promosso dal Comune di Firenze – pone al centro la promozione dell’arte contemporanea  e il dialogo con la città di Firenze.

Una miriade di sculture in forma di corpi umani sparpagliate tra le spianate a cielo aperto del Forte e i saliscendi, tra le stanze in penombra e i porticati aggettanti: sessanta del ciclo Critical Mass II (1995) e quarantatre del corpus Blokworks (2011-2015), tutte in ferro, si inseriscono nell’architettura medicea con discrezione e senza prendere il sopravvento, come gli spilli inseriti in un corpo durante una seduta di agopuntura. Proprio così Gormley ha voluto pensare al suo intervento scultoreo per il Forte di Firenze: un inserimento accurato di sculture all’interno di uno spazio architettonico per mettere in circolo energia e conferire linfa vitale al luogo; proprio come accade con gli aghi nella pratica della medicina non-tradizionale dell’agopuntura. Fuor di metafora, è dunque l’uomo che viene messo al centro come presenza capace di vitalizzare i luoghi attraverso il rapporto corporeo con lo spazio inteso in senso olistico, come passaggio dal micro al macrocosmo in termini quasi neoplatonici.

Un singolare intreccio di riflessioni collega le opere di Gormley alla cultura rinascimentale nata nella Firenze di Lorenzo il Magnifico. In primis viene da pensare all’Accademia platonica di Marsilio Ficino o Pico della Mirandola, fucina di un nuovo pensiero sull’uomo concepito come ponte che collega finito e infinito. Ma il lavoro di Gormley va oltre una mera citazione dell’Umanesimo. Al cospetto della culla del Rinascimento, l’artista inglese supera il discorso sull’idealizzazione dell’homo faber e del corpo umano- consapevole che Firenze è proprio il luogo in cui la scultura si è evoluta secondo i canoni classici delle proporzioni- e sembra volerne rilanciare i presupposti mettendo al centro l’uomo a partire da se stesso (il ciclo Critical Mass II sono autoritratti), proponendo il corpo umano come congegno per porre domande.20150424_130440

Corpi rannicchiati, inclinati, distesi, in bilico, contorti e ammassati, poi frammentati, scissi e sconnessi fino a diventare un mucchio di blocchetti posti in un angolo, sono tutte sculture senza piedistallo e a diretto contatto con il suolo. Il materiale di cui sono fatti, il ferro, li rende elementi di un grande campo magnetico e dà l’impressione di partecipare al ritrovamento di “fossili fatti in maniera industriale”, come ha voluto definirli l’artista. Piccoli indizi da scoprire che invitano ad esplorare lo spazio fino alle punte della pianta a stella del Forte e alle feritoie per godere di un affaccio che offre un panorama di gruppi scultorei in un solo colpo d’occhio. Il luogo architettonico consente molteplici punti di vista e il visitatore è invitato a “disorientarsi” tra i tanti corpi scultorei incontrati assieme a quelli in carne e ossa dei custodi o nel girare l’angolo e trovarsi faccia a faccia con un singolo corpo ferroso addossato a un muro. Continuamente la vista è invitata a misurare le fattezze umane nello spazio e a confrontare la scultura con il proprio corpo umano fino a percepire le sculture non semplicemente come oggetti materici, ma come presenze.

I lavori di Gormley richiedono attenzione e ogni scultura induce a fare i conti se stessi, a visualizzare il rapporto uomo-spazio in termini di significato, a vagliare la cultura passata dell’Umanesimo e quella presente, ad assumere una posizione rispetto al mondo fino a tornare a casa non con una definizione, ma con una domanda: cosa significa essere umani oggi?

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