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Emiliano Zucchini / Open Space / Catanzaro

rev143909(1)-oriLa precarietà della vita, che da sempre genera inquietudine nell’uomo più sensibile, già traslata in immagine da Pascal, per citarne uno, per cui l’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante, si trasforma negli scatti del giovane Emiliano Zucchini nella percezione della parcellizzazione dell’essere attraverso la metafora dell’antenna. Emblema della società mass-mediatica, ma anche capacità di recezione dell’esperienza empirica universale e collettiva ed al contempo simbolo di un Io fragile e frammentato, l’oggetto di ricerca di Zucchini – proprio come in Pascal  – mostra la piena consapevolezza di se stessi: difatti, quand’anche l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe pur sempre più nobile di chi lo uccide, dal momento che egli sa di morire e il vantaggio che l’universo ha su di lui; l’universo non sa nulla. Tutta la nostra dignità sta dunque nel pensiero. (B. Pascal).

E il pensiero – critico, ma anche poetico – non manca a Zucchini che affronta la vertigine della finitezza, con quella febbrile energia attraverso cui scopre  l’ininterrotto flusso di storie, di narrazioni cui ridare costantemente senso e significato, secondo quanto afferma Teodolinda Coltellaro, curatrice di I cieli infranti dallo sguardo, recente personale dell’artista, attualmente in corso all’Open Space di Catanzaro.

La mostra, attraverso un ciclo fotografico, si interroga sulla destrutturazione dell’immagine, ponendo l’accento sulla codificazione dei messaggi – veicolati dai media – e sui conseguenti problemi di errata ricezione o decodificazione degli stessi.

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