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Di Là da Dove per Andare Dove – Giorgio Cattani

Di Là da Dove per Andare Dove. È questo il titolo della mostra con cui si sono schiuse le porte di FabulaFineArt, una nuova galleria inaugurata lo scorso 7 maggio, nel cuore della rinascimentale Ferrara, uno spazio innovativo e di ricerca, rivolto anche e soprattutto ai giovani talenti, che l’artista Giorgio Cattani ha impaginato, come segno e simbolo di un continuo donarsi e rinnovarsi nell’arte. Ecco allora che accade una magia. Non è un’illusione, non è un trucco, ma una realtà che diventa concreta, grazie anche e soprattutto al credere disincantato in questo progetto di Romano Pazzi, imprenditore che ha messo a disposizione i propri locali, ex sede della storica azienda familiare di onoranze funebri, rinnovandoli completamente, non solo nella forma ma anche nello spirito. Se è vero, infatti, che nella morte riposa il seme della vita, e che a una fine corrisponde sempre un inizio, è vero anche che l’arte possiede la capacità e il dono di creare ponti simbolici fra ciò che vediamo e ciò che è celato, fra ciò che crediamo di conoscere e ciò che realmente sappiamo, provando a toccare nel profondo tanto il cuore quanto l’intelletto. E Giorgio Cattani, con le sue tracce, con i suoi indizi, pungola, con questa mostra il senso del tempo e della Storia, generando, al contempo, un dialogo fra generazioni: le invita, le accoglie, le scuote, le incita a una reazione e a riappropriarsi del proprio spazio culturale. Non solo: sovrappone e ribalta i ruoli, nella consapevolezza che oggi stiamo camminando verso un dove senza meta precisa, non potendo governare i cambiamenti che la tecnologia offre velocissimamente, né le vite che scegliamo. Pertanto, nel continuo accavallarsi di situazioni, il proprio “io” si definisce nella trasversalità delle azioni, nel sapersi rinnovare continuamente, aggredendo la vita che ci vuole ai margini di un sistema privandoci di pensiero. Così Giorgio Cattani, da artista diventa gallerista e da pensatore della sua arte si propone ideatore di nuove pulsioni. Questa sua mostra ha pertanto il senso di una grande esperienza che scopre le sue radici: radici robuste dalle quali trarre nuovo nutrimento per il prossimo futuro alle porte. Non a caso, infatti, sottolinea il maestro, FabulaFineArt ora ha aperto le sue porte, mentre la programmazione vera e propria comincerà a fine settembre.

Penetrando l’esposizione, ecco che l’istallazione Di là Da Dove diventa emblematica al pensiero generale che muove gli intenti stessi di Fabula, nel ritratto della Contessa Braghini Rossetti, nobildonna ferrarese, volto e simbolo di una borghesia illuminata e impegnata di primo Novecento; quella stessa classe, emancipatasi nell’arco di un secolo, su cui grava oggi tutta la responsabilità di un crollo: un crollo sociale, politico ed economico; un crollo di valori, un crollo morale. Un crollo che opprime le nuove generazioni, simbolicamente rappresentate da un feto posto a terra, pietrificato, rotto e scheggiato, sul quale premono pesanti barre di ferro, lasciando presagire uno stato di stallo culturale nel quale tutti, in verità, siamo imbrigliati. E quella frase: “Si respira un’aria di fine corsa” campeggia sulla parete a visualizzare una condizione dalla quale non si può sfuggire, premendo sull’intelletto di ciascuno a farsi coscienza di una realtà ineludibile. Nella stessa stanza troviamo anche l’opera Mare Nostrum. Cattani se ne fotte di Damien Hirst. Un titolo forte e dissacratorio che ribalta concettualmente il pensiero sotteso a L’Impossibilità fisica della morte nella mente di un vivo, dove lo squalo in forma aldeide, al tempo stesso vita e morte, incarna quest’ultima solo nel momento in cui si vede nella sua immobilità, silenziosa, e dannatamente sospesa nel nulla. Cattani se ne fotte, e nel fare il verso a Hirst recupera quel dato poetico dimenticato e cancellato da una concezione speculativa del mercato dell’arte, riportando l’osservatore a interrogarsi tanto sul senso dell’esistenza ma soprattutto sul come abitare questa esistenza. Mare Nostrum. Cattani se ne fotte di Damien Hirst è un’opera che parla dell’ambiente, di ecologia se vogliamo. È un lavoro che recupera il senso di condivisione di un luogo: la terra (l’unica che abbiamo) con le sue acque contaminate da una morte indotta dall’uomo, dove quello squalo – qui un tonno – non è più lì davanti a noi per ricordarci il senso della nostra morte, ma a rivendicare con grido silente la sua ingiusta prigionia. Una prigionia, tuttavia, che può ribaltarsi in libertà, laddove il sogno e la speranza rinvigorisce in forza vitale, in una luce, in una perla blu, quel punto che Cattani inserisce nella serie di disegni C’è sempre un blu nell’oscuro mare. Ma Mare Nostrum – il Mediterraneo – richiama anche il senso della Storia, espressione che viene dalla romanità creando un ponte con l’attualità. Cattani ha ben presente, infatti, e lo ricorda anche a noi, che questa terminologia si riferisce a vaste missioni di salvataggio in mare di migranti, che fra il 2013 e il 2014 hanno attraversato il Canale di Sicilia, operazione militare e umanitaria messa in opera dal Governo Italiano, sostituita in seguito dall’Euopea “Triton” e altri nomi che non cambiano la sostanza delle cose. Le persone muoiono, accadono cose inimmaginabili ai confini delle nostre terre e noi dimentichiamo anche i confini più prossimi del nostro vicino. Non avete più la musica nel cuore è quindi la terza installazione che riporta alla memoria tale oblio, andando dritta al cuore di un sentimento consumato dall’apparenza. Non ci sono più eleganti poltrone di velluto ma vecchie sedie arrugginite, sul leggio non c’è più uno spartito ma un libro che, simbolo di un codice culturale universale, è privato di un direttore capace di farne sentire il suono, e c’è una passerella, vecchia, instabile e pericolante che fa il verso agli innumerevoli red carpet sui quali oggi sfila chiunque in qualsiasi manifestazione. Si, oggi tutti, celebrità o no, vogliamo percorrere quel tappeto rosso, vivere quella formalità che ci vuole marionette di una società senza ideologie. “Troppo Rumore”!!!…e siamo tutti dei “profughi culturali”. Su questa consapevolezza, Cattani chiude questa apertura porte di FabulaFineArt con un gesto fortissimo: l’inedita performance intitolata Restar fermi per andare dove. Un intervento che per la sua dinamica ha presupposto corpi andanti senza alcuna indicazione – spiega l’artista –, dove una quarantina di studenti del Liceo Artistico Dosso Dossi e altri cinquanta figuranti del Teatro Off di Ferrara hanno sostato – in stato di attesa – nella prima sala della galleria, stipandola con la propria presenza e impedendone l’accesso ai visitatori. Questa performance, sotto il profilo concettuale, sovrappone visivamente lo stato di quelle masse di persone pigiate l’una sull’altra, in fuga dalle guerre, in fila per ricevere cibo e schiacciati alle frontiere, a quella dei giovani bloccati nella condizione di “Profughi Culturali”. Una condizione dalla quale liberarsi con forza per pretendere di essere protagonisti della cultura: inventandola, sovvertendo i canoni, il sistema che vuole le nuove generazioni prive di pensiero e senza voce. E allora Cattani, prima di lasciare andare via tutti, consegna il “Passaporto Culturale”, vidimandolo con tanto di timbro, marchio Fabula e propria firma. Un passaporto che è un lasciapassare per il futuro ma anche la chiave per diventare protagonisti del presente: per non restare più in attesa, per sentirsi cittadini della cultura.

Ma Cattani ha la capacità di stupirci continuamente. La mostra non si esaurisce così. In questi giorni, infatti, entra negli spazi di Fabula una nuova opera: W Lenin, W Stalin, W Mao Tze-tung, che guarda a slogan e ideologie con la consapevolezza di un’idea di giustizia sociale fallita. Nella provocazione l’incitamento a una ripartenza. Dichiara Cattani: “La Rivoluzione oggi è ripristinare i valori di base: la famiglia, la scuola premiale, un lavoro meritocratico. […] Gli slogan del passato restano un antico reperto da rimandare al mittente”

FabulaFineArt è un progetto inedito basato sulla condivisione dei saperi, mettendo in dialogo persone provenienti da esperienze professionali diverse ma accomunate dallo stesso spirito di ricerca nel contemporaneo. Fabula si avvale, infatti, del contributo di un Comitato Scientifico, al quale io stessa che scrivo sono stata invitata a partecipare, insieme a: Francesca Boari, Andrea Del Guercio, Veronica Zanirato, Erika Scarpante, oltre che della collaborazione di Silvia Dal Bello.

Photo credit Matteo Cattabriga.

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