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Il Rumore

Gabriele Perretta

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Tutto quello che era capitato non era colpa sua, aveva vissuto la sua illusione e si era reso conto che vi erano mille voci che avrebbero distrutto tutto e ciò troppo tardi. Non aveva potuto salvare nessuno ed ora ne era profondamente addolorato.

Tutto era cominciato molto tempo prima, quando era solo un cantantucolo ed aveva iniziato a studiare la storia della musica del suo paese, del pianeta. Di essere della razza dei blusingers (o dei lusinghers), intelligente abitante parassita di un cantante molto più grande che era il pianeta d’origine. Si aveva molto rispetto per l’ambiente che dava da vivere a tutti e per fortuna il pianeta aveva un buon sound, e grandi cataclismi sonori avvenivano raramente. Vi erano i sacerdoti del suono che si occupavano esclusivamente dei bisogni del pianeta.“ 

… Ci separa da ogni ordine del discorso l’incertezza della nostra sessualità”, scrivevano le poetesse di “A zig zag” e questo è vero anche per il blues. 

E a chi pensi che tutto questo è follia e trovi sconvolgente l’ipotesi di una vicinanza, di sensibilità e di linguaggio, tra blues ed espressione poetica, chiediamo di provare ad ascoltare solo i Fonemi. 

Non c’è equivoco possibile. Non si può certo pensare, ascoltandolo, che la musica sia solo supporto del corpo – la sua condizione poetica. Non c’è, ancora, possibile scissione fra gli elementi: senza bisogno di leggere il senso dichiarato di questo intreccio, se ne trovano le articolazioni,implicite e suggestive, in ogni nota e ogni parola, e la musica si fa a un tempo poetica  dell’ambiguità e della contraddizione. 

Si facevano molti viaggi da un pianeta all’altro, tanti vivevano ormai tra le stelle, anche se era un modo di vivere avventuroso, il suono che lega tutto l’universo e sempre in movimento e pieno di insidie, tra le stelle ci volevano bravi navigatori.

Non vi era forma di vita che creasse disgusto e repulsione, il piacere di comunicare con gli altri superava ogni aspetto fisico.

Ascoltando dei vecchi vinili per la prima volta venne a conoscenza del periodo chiamato Rumore, fu molto difficile saperne di più. 

Girò tra varie mediateche e negozi di dischi antichi, alla fine scoprì un 75 giri su di una bancarella della città vecchia, fra le torri che arrivavano fino al cielo, il cui titolo era “Rumore senza ritorno”. 

Il vecchio vinile narrava le vicissitudini di un gruppo di 250 voci che si ammalavano di una strana febbre che porta la loro temperatura corporea a 35 gradi, cioè dieci superiori alla loro media, la febbre era accompagnata da atteggiamenti auto distruttivi dell’ugola e della phonè e i sintetizzatori che accompagnavano quell’iter erano assolutamente nuovi nel loro comportamento, in più la smania era altamente contagiosa e non si trovò una cura. 

Il Consiglio Generale di tutti i Folksingers decise l’esilio forzato dei malati su un pianeta che presentava caratteristiche simili al proprio, coloro che li accompagnarono erano volontari,perché nessuno per la gravità poteva tornare indietro. 

Questa era la storia che si sapeva, ma ora come si erano evolute le cose, forse erano tutti guariti, o forse tutti morti ma gli sembrava giusto che dopo tanto tempo si sapesse cosa era successo. 

Parlò al Consiglio esponendo i suoi fonemi, la sala delle riunioni era insonorizzata e collegata con grandi altoparlanti all’esterno e su altre basi furono concordi nel dire che se lui aveva quella umoristica ne erano ben lievi ma avrebbe dovuto andare lui da solo e non tornare, a meno che la malattia era scomparsa. 

E lui così fece, partì solo, partì con la sua chitarra a tracolla.

Il suo arrivo non fu tra i più felici, sapeva che le condizioni di spazialità e di acustica erano simili al suo adorato pianeta, allora dov’era lo spazio acustico per la poesia e per i fini dicitori?

Una coltre puzzolente regnava su tutto e capì che era l’odore della malattia, le persone sembravano esteriormente normali, ma nei loro occhi sani si leggeva la paura di non raggiungere il rumore, ogn’uno aveva incredibilmente paura dell’altro suono. 

Dall’odore si rese conto che non sarebbe mai potuto ritornare a casa, mandò un solo messaggio: Pericolo mortale, sta per arrivare il silenzio!

E in mente aveva gli occhi azzurro cielo di un folksinger incontrato per la strada,era così intonato che sembrava normale. 

Riproduzione vietata © Gabriele Perretta. Tutti i diritti riservati
Tags: Gabriele Perretta

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