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Linda Arts  

La posta in gioco non è più il cuore, ma la retina, e l’anima bella ormai è divenuta un oggetto di studio della psicologia sperimentale. I bruschi contrasti in bianco e nero, l’insostenibile vibrazione dei colori complementari, il baluginante intreccio di linee e le strutture permutate sono tutti elementi della mia opera il cui compito non è più quello di immergere l’osservatore in una dolce melanconia, ma di stimolarlo, e il suo occhio con lui.
Victor Vasarely

Le illusioni ottico-visive sono l’elemento basilare dell’arte di Linda Arts che, attraverso la conoscenza delle teorie della forma, del colore e della percezione, esplora nuovi mondi visivi e immaginifici.

Secondo i principi base dell’Optical Art, di cui se ne percepisce il carattere prevalente nella produzione artistica della Arts, l’artista olandese attribuisce un valore plastico all’opera generando degli inganni ottici grazie al sapiente uso delle forme geometriche e dei colori che si alternano in tonalità di bianco e nero per dar vita a spazi astratti e a movimenti illusionistici grazie ad accorgimenti ottico-percettivi che creano un dinamismo virtuale negli occhi e nella mente dell’osservatore. Le scale di grigi e i moduli lineari che compongono la sua sintassi pittorica sono gli elementi che concorrono alla produzione di effetti mentali e percettivi capaci di stimolare una serie di reazioni attive e partecipative nello spettatore. Questi, infatti, è coinvolto come parte integrante dell’opera poiché il suo movimento provoca un sostanziale cambiamento della percezione dell’opera stessa che interagisce con il visitatore e con l’ambiente. L’astante è, pertanto, chiamato ad assolvere un ruolo partecipativo, di completamento, attraverso la sua presenza e la sua interazione con lo spazio attraverso il proprio apparato percettivo. L’opera in questo modo si rinnova ogni qual volta cambia il soggetto che la osserva poiché per ogni singolo individuo e ogni suo movimento conseguente si riservano nuove esperienze conoscitive.

Per il più illustre esponente dell’Optical Art, Victor Vasarely, il problema ottico non era riducibile alla mera rappresentazione di giochi visivi, ma aveva a che fare soprattutto con la comprensione dei meccanismi cognitivi dell’uomo. La stimolazione visiva diventa, così anche nella Arts, un espediente per indurre nell’osservatore un’esperienza di ordine gnoseologico. Infatti, l’artista indaga i limiti dell’attività conoscitiva umana attraverso la creazione di universi pittorici, di installazioni luminose o murarie, come finestre su un mondo altro dove potersi affacciare ed esperire di inattesi effetti percettivi e cromatici in grado di stimolare l’intero apparato retinico e psichico di colui che osserva. “La posta in gioco”, scriveva Vasarely, “non è più il cuore, ma la retina” e infatti la Arts, privando le sue opere di ogni traccia soggettiva, realizza strutture modulari (Sol LeWitt) a forma reticolare che si sviluppano dalla ripetizione seriale di modelli geometrici.  La manipolazione e la variabilità delle strutture geometriche, talvolta elementari come il quadrato o il cubo, sono l’espressione modulare minima che sottende l’idea di spazio nel pensiero occidentale dal Rinascimento a oggi. Il trompe l’oeil è storicamente l’effetto con cui si definisce l’inganno ottico in arte, che a partire dal V secolo a.C. ha stimolato gli artisti che si sono cimentati nella proposta di mondi alternativi e suggestivi. Ma è proprio durante il Rinascimento italiano, con la teorizzazione matematica della prospettiva, che tale illusione si fa strada fra le arti fino a giungere all’astrazione, alla creazione di mondi alternativi slegati da ogni relazione naturalistica.

In Linda Arts ogni riferimento al naturale non esiste né nella concezione delle opere né nell’attribuzione di figurazioni a posteriori nei titoli. Tutto il processo creativo e realizzativo avviene a livello intellettuale nella mente dell’artista che crea con una metodologia esecutiva rigorosa e meticolosa, in modo da consentirle di sperimentare la vibrazione ottica sulla superficie dell’opera, una figurazione astratto-geometrica. Lo spazio, inteso non solo come sinonimo della terza dimensione, è il leit motif di tutta la sua riflessione artistica che si addensa anche di problematiche sulla percezione delle strutture spaziali. Esse, infatti, ci introducono all’interno di un campo analitico prettamente psicologico: quello della Gestalt. La capacità di percepire un oggetto, quindi, deve essere rintracciata in una organizzazione presieduta dal sistema secondo schemi opportunamente selezionati e in grado di dare forma alla percezione. Questa sorta di completamento intellettivo del tutto inconsapevole è alla base del processo creativo e realizzativo dell’artista che, con le sue forme sfuggenti e dinamiche, obbliga l’osservatore a cambiare continuamente il proprio punto di vista. Lo stress ottico e cognitivo, lo slittamento dei piani visivi, creano una spazialità instabile, che dilata i tempi di percezione sottraendosi a una definitiva impressione.

Da qui il passo ad un approccio purovisibilista (Konrad Fiedler, Sulla valutazione delle opere d’arte figurativa, 1876) di analisi dell’opera è imprescindibile poiché l’arte supera la mimesi della realtà per il fatto che ognuno di noi percepisce la realtà in modo diverso dagli altri. Esiste una realtà che prescinde dalle opere d’arte, e di conseguenza l’artista, quando crea un’opera d’arte, crea un mondo nuovo frutto delle sue percezioni e del suo gesto pittorico.

Linda Arts è, quindi, un’artista capace di coniugare nella sua arte visivo-analitica le componenti percettive più intime a livello intellettuale e formale consentendo a chi le osserva di entrare in queste architetture fantasmagoriche, cattedrali rinascimentali dove lo spazio prospettico è giocato grazie a un alternarsi ritmico di moduli geometrici illusionistici.

Le opere di Linda Arts sono visitabili presso le gallerie: PARK – Platform for Visual Art, Tilburg (NL) fino all’11 Marzo, ACEC, Apeldoorn (NL) dal 17Febbraio al 18 Marzo, Arti et Amicitae, Amsterdam (NL) dal 9 Marzo fino all’8 Aprile.

Inoltre, l’artista farà parte a Maggio 2018 di un progetto espositivo ospitato e promosso dalla SEA Foundation di Tilburg a cura di  Valeria Ceregini.

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Valeria Ceregini

Valeria Ceregini è una storica dell’arte, curatrice e scrittrice indipendente con sede a Torino e a Dublino, Irlanda. Ha conseguito la laurea magistrale in Semiotica presso l'Università di Torino e in Storia dell'arte contemporanea cum laude presso l'Università di Genova. Ha proseguito i suoi studi in storia dell’arte frequentando la Scuola di Specializzazione in Beni Artistici Storici dell'Università di Genova. Nel 2015 è stata Assistente Curatore presso la GAM - Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino, nel 2016 curatrice editoriale e archivista presso la Fondazione Centro Studi Piero Gilardi. Dal 2015 è contributore abituale per alcune riviste di settore e risulta vincitrice di diverse residenze europee per curatori. Dal 2017 collabora come curatore con il Pallas Projects/Studios di Dublino e con la SEA Foundation di Tilburg, Olanda.