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Il tempo e le opere

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Roman Opalka_Detail-5408556_1965-1-oo.

Roman Opalka_Detail-5408556_1965-1-oo. Courtesy Collezione Marcello Forin

Il Museo della Grafica di Pisa ospita la mostra Il tempo e le opere, a cura di Massimo Melotti e con opere di Roman Opalka, Mariateresa Sartori, Andrea Santarlasci, Fabio Mauri, Giorgio Cugno, Jasmina Metwaly, Federico De Leonardis, Claudio Costa, Francesco Jodice e Gianluca e Massimiliano De Serio.

Organizzata dal Museo della Grafica (Comune di Pisa e Università di Pisa) con il patrocinio della Regione Toscana e della Scuola Normale Superiore, la mostra intende presentare artisti e tendenze dell’arte contemporanea che hanno approfondito la loro ricerca sul tema del tempo.

La mostra muove dalla ricerca artistica di Roman Opalka (1931-2011), l’artista che più di tutti ha cercato di definire con il suo lavoro il rapporto con il tempo. Nel 1965 ha dato inizio al suo progetto Opalka 1965/1 – ∞. Per tutta la vita ha dipinto una progressione numerica su tele, a cui collega un progetto sull’autoritratto: registra la propria voce che pronuncia il numero appena dipinto e scatta una foto di se stesso alla fine di ogni giorno di lavoro. La sua ricerca sul tema del tempo termina nel 2011 con la sua scomparsa. In mostra saranno presentati Détail – Autoportraits e Détail – Cartes de voyage.

Di Mariateresa Sartori (1961) viene presentato il video In Sol Maggiore/In Sol Minore, un lavoro sulla potenza pervasiva del tempo musicale e su quanto questo influenzi non solo i nostri sentimenti ma anche la nostra percezione visiva. Per farlo si avvale di immagini tratte da Heimat di Edgar Reitz, accompagnate alternativamente da brani in Sol Maggiore e in Sol minore di Vivaldi e Mozart.

Andrea Santarlasci (1964) invita ad una visione evocata dalla memoria, visione spesso giocata in un equilibrio fra emozionalità e concettualità. Il vissuto storico del luogo, diviene materiale espressivo che si palesa nella serie fotografica Eterocronia che apre ad una riflessione sul presente, sul rapporto tra individuo e memoria.

Il percorso prosegue con il lavoro di Fabio Mauri (1926-2009), indiscusso protagonista della ricerca artistica degli anni Sessanta ed oggi riconosciuto maestro a livello internazionale, di cui verrà esposta una selezione di lavori storici. Tra questi Il televisore che piange (1972), opera anticipatrice della sua ricerca sui mass media e sui temi della società della comunicazione. Nei lavori di Mauri la dimensione temporale si sviluppa nell’esplicarsi delle ideologie e della conoscenza antropologica. È un tempo assoluto in cui il tempo relativo dell’uomo del Novecento non può essere che quello segnato dal crollo delle certezze. Mauri si interroga sull’uomo e sulla sua natura alla luce della recente tragica memoria della guerra e delle pratiche ideologiche oppressive. Tra i lavori in mostra Senza tempo (1995), Non ero nuovo (2009), The End (2009) e Schermo: Senza Tempo.

Di Giorgio Cugno (1979) viene presentato Caucacola, lavoro ideato nel 2014 in Colombia per indagare l’uso delle risorse idriche del Rio Cauca da parte della Coca-Cola e che intende sollevare interrogativi su come il consumismo e la globalizzazione modificano la relazione tra l’ambiente e l’azione dell’uomo.

Il progetto prosegue sondando il terreno della memoria e dell’evento con Jasmina Metwaly (1982), videomaker, attivista politica, impegnata nel movimento di rinnovamento nei paesi arabi, che realizza video in cui le civiltà occidentale e orientale si confrontano e dialogano. In From Behind the Monument le immagini della rivolta araba del Cairo entrano in dialogo con l’architettura juvarriana del Castello di Rivoli, sede del Museo d’Arte Contemporanea.

Portatori di memoria sono anche i lavori di Federico De Leonardis (1938) che recupera strumenti di lavoro e reperti naturali o manufatti, elementi del fare umano. Divenuti installazioni liberano forze primarie che ridefiniscono lo spazio facendone emergere la caratura simbolica o esaltandone la specificità. In mostra l’installazione Orizzontale II composta da più lavori e pensata specificatamente per la mostra e lo spazio di Palazzo Lanfranchi.

Claudio Costa (1942-1995) ricostruisce con uno sguardo antropologico un vero e proprio work in regress, percorso verso l’origine attraverso la creazione di opere che rimandano ad antiche e mitiche civiltà. L’artista guarda a un mondo simbolico ricreato attraverso l’uso di immagini, riproduzioni di maschere, cerimoniali, rituali e riti ancestrali. “Ossa” appartenenti a giganteschi animali preistorici o mitici vengono scoperte o prodotte in un intersecarsi di piani linguistici. Un “aratro” primario strumento tecnologico nella storia dell’umanità ci compare nelle sembianze di un’inquietante macchina composta da parti di animali primordiali.

Sul tempo come dimensione assoluta e simbolica si incentra il video di Francesco Jodice (1967), considerato uno dei più interessanti tra gli artisti che sperimentano nuove soluzioni espressive nel video e nella fotografia. In mostra verrà presentato Atlante. Il video per la propria forza espressiva coglie la dimensione temporale come assoluta, ponendoci di fronte all’imperscrutabilità della definizione della stessa. L’opera ha come elemento fondamentale la scultura di Atlante attorno alla quale l’artista ha mixato immagini tratte dalla prima guerra mondiale, dai bassifondi americani, dalla pubblicità degli anni 50. Jodice mette insieme il discorso di addio di Eisenhower con un personaggio tratto da un film di Carpenter, la rivoluzionaria Angela Davis, il bassista dei Ramones e un cyborg del primo Alien, insieme come un coro, un’analisi critica del sistema dei valori dell’Occidente.

In chiusura, una riflessione sul tempo dell’inconscio con Gianluca e Massimiliano De Serio (1978), che operano sia con il cinema che con installazioni visive, scandagliando il tema dell’altro, dell’identificazione e delle relazioni che il tempo modifica. Nel film Un ritorno, cercando di superare un momento di crisi creativa, si sottopongono ad un esperimento di ipnosi multipla. L’opera punta lo sguardo su quella zona normalmente invisibile che è l’inconscio: “Abbiamo cercato di riflettere sulla nostra crisi artistica e identitaria, e l’unico modo per farlo non era sfuggirla, ma anzi meditare approfonditamente su di essa e sulle sue origini. Per questo era necessario un viaggio nel tempo, in quel tempo apparentemente irraggiungibile, ma in realtà iscritto nella nostra memoria: il momento del concepimento, la nascita”.

Il percorso espositivo è arricchito dal suggestivo dialogo con alcune opere grafiche delle collezioni del Gabinetto Disegni e Stampe dell’Università di Pisa, oggi conservate presso il Museo della Grafica di Palazzo Lanfranchi.

Andrea Santarlasci, Lo specchio delle continuità, 2002, 32,5x45. Courtesy l'artista
Andrea Santarlasci, Lo specchio delle continuità, 2002, 32,5×45. Courtesy l’artista
Andrea Santarlsci, Riflessi da un luogo invisibile, 2012, 103x165 cm. Courtesy l'artista
Andrea Santarlsci, Riflessi da un luogo invisibile, 2012, 103×165 cm. Courtesy l’artista

Il tempo e le opere 

Dal 22 dicembre 2017 all’11 marzo 2018 presso il Museo della Grafica

Palazzo Lanfranchi – Lungarno Galilei 9 – 56125 Pisa

Orario: lunedì – domenica, 9.00 – 19.00

Telefono: 050 2216060

Tags: Andrea Santarlasci Claudio Costa Fabio Mauri Federico De Leonardis Francesco Jodice Gianluca De Serio Giorgio Cugno Jasmina Metwaly Mariateresa Sartori Massimiliano De Serio Roman Opalka

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