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Trialogo alla Not’Art Galleria di Siracusa

AnelliLa Not’Art Galleria di Siracusa dà avvio, con la mostra Uno Due Tre – Passi Divini, al “trialogo” tra le opere di Salvatore Anelli, Franco Flaccavento e Tarcisio Pingitore; si assiste ad un «discorso tra di loro e fuori di loro che da tempo ne dispone un affine tenore d’immagine, una involontaria e coincidente convergenza di pratiche espressive orientate all’impiego di materiali, al rispettivo potenziale di significati legati a oggetti, reperti o quant’altro che non sia nei tradizionali strumenti del fare pittura o scultura», per citare Luigi Paolo Finizio, cocuratore dell’evento insieme a Ghislen Mayaud. In mostra segni sintetici e precisi, che caratterizzano i lavori dei tre artisti, si trasformano in parole comuni e condivise, che rivelano la complessità e la semplicità del Bello, il suo rispecchiamento nel reale – complesso, ma anche semplice – quotidiano.

E del quotidiano «oggetti insensati, oggetti eloquenti solo nei consumi o silenti di senso per uso abitudinario, materiali sordi e impenetrabili, materiali godibili e inquietanti sono diventati, sappiamo, uno sconfinato universo parlante», continua Finizio, evidenziando come oggetti e materia siano ricombinati ad arte dalle singole poetiche dei tre. In questo husserliano “orizzonte di cose”, in cui le opere sono oggetti di valore, si deve presupporre il desiderio d’agire del soggetto, quella febbrile volontà poietica che sottende alla creazione. Queste opere lasciano così intuire la potenza del gesto, ricollegandosi a quella storia di senso che Andrè Chastel raccontava in relazione all’arte rinascimentale e che riconduce il gesto al messaggio dell’opera e quest’ultimo alla rete della comunicazione che è mezzo per dar consistenza, coerenza e continuità.

Nello specifico, l’enfasi del gesto in Anelli, Flaccavento e Pingitore, rigorosamente compiuto nel processo creativo ed intuito nella percezione del fruitore, si trasla nello spazio dell’opera, nell’interpretazione della nuova forma composita e di un volume esile.

Ma ancor di più, ad un’attento ascolto del “trialogo”, la forma – e la materia – delle opere cedono il posto ad una controversa e sensibile riflessione sull’eternità, sull’innata soggezione dell’uomo che aspira all’infinito. Su questo tema così attuale ed anacronistico, si incalza il discorso, che si sostanzia di ragioni archetipiche, della fascinazione dall’indefinibile, che l’arte prova a trasporre in immagine, per dar corpo, dunque fissità e stabilità, a ciò che è sfuggente, mutevole, immateriale. Celano la fragilità dell’esistenza, nonché la cura per la vita, le “ossessioni” di Anelli, che posiziona l’anima nella mente, forse persuaso – come Descartes con la ghiandola pineale – che con la volontà dell’intelletto, lo spirito possa guidare il corpo: una pittura dai toni scuri, ma delicati e l’oro di alcune sculture richiamano la luce immateriale della dimensione ultraterrena.

In Flaccavento la forma conchuisa del cranio si perde – e forse si dissolve – nell’ignoto: riflessioni sull’essere, sull’identità e sull’alterità portano a quella perdita di corporeità, e figuralità, che in pittura si trasla in immagini sfumate e sfocate; sono nuovi spazi che dischiudono interrogativi esistenziali ancora insoluti, realtà fisica e mentale che evoca l’idealità dell’opera che sopravvive al suo creatore. Sull’Immanenza dell’arte e la Trascendenza dello spirito speculano i tessuti di Pingitore, in cui la purezza del bianco e la sacralità dell’oro accennano a storie passate e lontane. E difatti, a conciliare il dualismo, tra immanenza e trascendenza, è la memoria collettiva, ricordo di un tale passato, che rivive a ritroso nei granelli di sabbia di una clessidra.

La mostra è accompagnata da un catalogo, edito da Rubbettino Editore, con i contributi critici dei due curatori.

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