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Filippo Brandi

Rita Vitali Rosati

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Filippo Brandi

Filippo Brandi

1)

Ammazzare il tempo: con quali armi?

… con una sorta di indifferenza… sgambettare all’allargarsi delle aspettative, delle attese, dei feedback… viviere di prima… nell’esserci che non ha né passato né futuro… improvvisazione pura… io vivo sulla mia pelle la pratica estetica ed estatica dell’improvvisazione musicale, ne faccio risuonare ogni escrescenza interiore ed esteriore della mia vita… è il vivere che mi riesce meglio, quello non pensato, depensato se vuoi… quello che accade e basta… dove se vuoi puoi sistemare da qualche parte alcuni elementi che potranno esserti utili nel tessere la trama di questo esserci smemorato… armato e pronto, magari un tantino veggente… tutto il resto è superfluo, non è altro che miseria umana, è l’ingiusto dono che facciamo della nostra vita a un tempo che ci ammazza lentamente giorno dopo giorno… le tasse, la famiglia denuclearizzata che fa tanto ostello della gioventù, la casa condivisa e svuotata come un ritrovo di fuorisede, poi la politica, i social-media e tutte le altre cose che fanno sì che la tua improvvisazione suoni male, fuori tempo e incompresa. Tutto ciò aggiunge ulteriore sfiducia ad essere letti o quantomeno capiti in ‘sti tempi maledetti, inutili, pieni di nulla che attanaglia… ci manda fuori fuoco… io amo improvvisare… ciò non vuol dire fare le cose a vanvera o rifuggire le ripetizioni, ma tutt’altro… Piuttosto è un cercarsi in un metodo ferreo e ben programmato. Ripetere lo stessa canzone da vent’anni non è mera ripetizione ma svuotamento e reinterpretazione continua… a volte accadono pennellate o plettrate (che dir si voglia) uniche e le dita sono mosse da una miriade di me, passati presenti e futuri che di 20.000 ripetizioni ne condensa una che un pò le racchiude tutte e nessuna…

2)

“Da qui all’eternità”: è un lungo viaggio, in quale stazione fermarsi?

in quelle altrui… nei crani altrui, nei pensieri altrui, essere testamentari, ovviamente non fraintesi né fraintendibili ma sottilmente affini, intimi come dei compagni di vita… se dovessi specchiarmi a quel che intendo mi vedrei riflesso nella musica, nella poesia e nella letteratura che amo o sento vicino, esserne un pò un tutt’uno, un rigirarsi tra le dita… mi piacerebbe vivere quella di eternità ma esisteranno ancora certi innamoramenti? Avranno voglia di invasarsi, di cercare di usare per davvero gli orecchi come fossero monocoli? So solo che non voglio sentirmici pensare… ora

3)

Scrive Montale: “…..L’attesa è lunga, il mio sogno di te non è finito”. Ma i sogni finiscono? O si interrompono?

essì è proprio l’attesa che c’ammazza… che s’allarga a dismisura e viviamo di brevissimi attimi in cui tutto torna o forse niente torna… e ci illudiamo di restare impressi in qualcosa che poi non esiste e tuttavia percepiamo scorrere… il film di uno che fa un film questo è la vita se vai fuori tema o fuori tempo visto che di tempo parliamo… il sogno non finisce mai… siamo noi che moriamo nel sogno, come un immagine troppo posterizzata, bruciati nell’impressione che non vediamo più… capaci più a non vedere le sfumature… ma il sogno, il nostro sogno è li per noi e non sa tradire, anzi è il nostro salvagente, quello che ci tiene a galla quando la marea del nulla rompe gli argini… siamo noi che abbiamo smesso di cercarlo o non lo vediamo più perché lo abbiamo smarginato… si forse di questi tempi i sogni si interrompono per i troppi e tremendi s-consigli per gli acquisti che ci fanno essere il precipitato di una customizzazione estrema di noi stessi come idea piuttosto che come esseri fatti di carne, ossa e pensieri.

4)

“Sarei inarrestabile se solo riuscissi a incominciare”: quali pronostici per il “quando”?

penso che lo saremmo comunque, non vedo cominciamenti, ma un eterno inarrestabile… è spesso colpa della vita vegeto-sociale, quella più inutile e burocratica se un inceppo talvolta ci toglie di mezzo, quel “quando” ci vuole scindere in due. Da un lato l’artista che non può che limitare se stesso a contenersi, sempre che si sia trovato e che sappia farlo, e dall’altro l’uomo sociale, il consumatore, l’amico, il collega in altre parole l’orgia dei medesimi che finiscono col convivere correi accanto al politico che lottizza l’aria che respira o a dare credito con malcelata omertà a chissà quale altra fottuta tendenza social-imperante. In questo non credo tanto che l’artista sia un megafono ma piuttosto un buco nero, uno scolo.

5)

ieri, oggi, domani: un labirinto dove perdersi o ritrovarsi?

bisogna fare i conti con i tanti sé che si è stati, poco lontano dalla matrice che c’ha forgiato, dalle abitudini acquisite, dagli splendori avuti, le brutture che ci hanno brutalizzato, le situazioni che ci hanno violentato, appassionato e mutato… come una nave che a lungo ha viaggiato, usciamo dalla carta del progetto ingegneristico di nostra madre-matrigna natura per andar per mare e navigare per ritrovare un senso di che nostra chiglia è stata progettata… arrovellandoci, cartografando, magari con l’illusione dell’arte, le destinazioni incontrate, come numerosi porti che saranno poi affetti, incubi, ossessioni, malumori di venti incontrollabili, noie da calma piatta… per navigare in mare biosogna un po’ rimettersi a gallegiare con entusiasmo e coraggio, vedere i segni del trascorso… le navi insomma non lesinano dall’avere cicatrici, queste sono il suo dedalo. Potremmo imparare molto se sapessimo guardare attentamente la nostra pellaccia. Potremmo imparare molto dalle navi.

6)

Che cosa fischietti a tempo perso?

frammenti direi, principalmente quello su cui lavoro per sistemare le note in modo esatto. A volte quello che subisco da altoparlanti sempre più onnipresenti e a sproposito in ogni dove, altre volte per piacere a centrare bene le note di una melodia,  una sorta di compitino idiota che mi porto dietro da quando ero bambino e studiavo pianoforte… insomma io la vivo così questa cosa del fischiare… per il resto è un gran spreco di fiato, vai in iperventilazione e ti gira la testa…

7)

Un giornalista ha chiesto in una intervista a John Lennon: prevedi un tempo in cui andrai in pensione? Le leggende non vanno mai in pensione, o no?

dipende da chi resta, abbiamo ucciso tantissimi Non-Lennon che sarebbero ben più leggendari o interessanti salvo poi riscoprirli cent’anni dopo… dipende dai tanto odiati-amati posteri, che vediamo tacitamente assemblare giorno dopo giorno accanto a noi, fidenti chissà perché in un progresso inumano dove gli individui hanno abdicato ai consumatori e alla gente. Di questi bevissimi e dematerializzati decenni ’00 ho solo che una fredda paura fatta di haiku imbarazzanti, di Bignamizzazione dei miti e delle leggende, di onnivori meme che neutralizzano ogni valore intrinseco dei messaggi o della bellezza che ci è stata tramandata o che abbiamo ereditato e che oramai consapevolmente diamo in pasto alla cinica follia del marketing. Oggi una leggenda sembra pensionabile nell’orgia dei diktat dei trend, della bassa moda e dei morti di fama… magari ai più grandi è concessa una magra pensione come segnalibro o calamita da frigorifero.

8)

Ogni “sabato del villaggio” allude a delle aspettative: quali sono le tue, quelle che reputi migliori?

non riesco tanto a conciliarmi con le aspettative, tanto poi mi sgambettano o le disconosco, ripeto cerco di improvvisare… più che a delle aspettative mi vedo incitato a godere dello splendore o delle brutture site in ogni età dell’uomo… finché mi sveglio va bene, c’è un mondo da fare.

9)

Nell’Eclipse, dei Pink Floyd, il testo “it’s all dark” non prevede l’attesa di un’alba, di un lato illuminato della luna. E’ solo un’illusione?

Per me l’illusione genera molto, è una pulsione… come dire… senza illusione quale sarebbe la carota sul bastone? Penso che difficilmente, testardo ciuco, mi muoverei solo d’un passo, e invece ecco questa piccola detonazione intima, quest’aurora che ancora non c’è. Quando è tutto buio hai come l’impressione di spazi infiniti dove senti di non poter andare, e nel mentre che ti illudi ad attender qualcosa di cui non sei certo, immagini un altrove che è già lì ma non vedi e speri in qualcosa di luminoso che riscatti questa faticosa attesa in quell’oblio che t’annienta e fai così fino a che percepisci che il nulla ancora non t’ha fatto suo prigioniero… anche di notte cerchiamo le stelle no? e quando arriva l’alba beh c’è dell’altro da fare che cercar le stelle.

Filippo Brandi (Ludmilla Spleen)

Tags: Filippo Brandi Lo stato di salute dell’artista Rita Vitali Rosati

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