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Premio Michetti 2019, una conversazione con Vito Bucciarelli

Attraversamenti – Tra Arte e Fotografia, a cura di Anna Imponente e Claudio Cerritelli è la mostra impaginata per la 70° edizione del Premio Michetti al MuMI di Francavilla al Mare (CH). Con quarantadue artisti contemporanei, evocando il rapporto che lega l’arte alla fotografia, la rassegna ha posato lo sguardo su generazioni diverse raffrontandole, e premiato, infine, gli artisti Nataly Maier e Vito Bucciarelli per “l’interessante sensibilità nell’interpretazione pittorica del medium fotografico”. 

Nel ripromettermi a breve di dedicare tempo alla mostra e in particolare all’opera della Maier, con Lucia Spadano e Roberto Sala ho voluto incontrare Vito Bucciarelli per scambiare alcune battute con lui su questo premio, incuriosita dal fatto di vederlo in questo spaccato espositivo dedicato alla fotografia. Confesso, infatti, di conoscere meno questa sua produzione rispetto a quella scultoria, perciò, questa breve visita a San Vito Chietino, suo paese di origine, dove ritorna tutte le estati, si giustifica mossa dall’esigenza di un mio approfondimento del suo lavoro. Lavoro che Lucia Spadano conosce benissimo, avendo seguito la carriera di Vito sin dagli esordi (risale al 1973 la sua prima intervista pubblicata sul quotidiano «Il Tempo») ma che, a distanza di anni, oltre a convenire nel giudicarlo sempre sorprendente, ritiene importante siano nuovi sguardi a conoscerne e commentarne l’opera.  

Arriviamo così a San Vito e dopo i saluti fra vecchi e nuovi amici, ci sediamo fronte mare. S’innesca una discussione a tre, ritmata da ricordi e commenti sull’attualità, ed è lì che capto immediatamente un’affermazione di Vito: “Ero un ottimista. Oggi non lo sono e non lo sarei se fossi un ragazzo”. Questa espressione diventa immediatamente lo spunto per iniziare l’intervista, ed è così, che con spontaneità, chiedo a Vito Bucciarelli svariate cose.

Maria Letizia Paiato È evidente che stai parlando dell’ambiente politico della fine degli anni Sessanta (del ’68) Eri un’ottimista anche sul fronte creativo? Che tipo di cambiamento sentivi o vivevi su quello artistico? La storia della tua carriera è più che nota, ma vorrei sentire racconto da te il tuo esordio nel mondo dell’arte?

Vito Bucciarelli Ho vissuto la rivoluzione, la contestazione giovanile, la controcultura di quel periodo, perché esisteva la necessità di farlo. Nel tempo siamo stati traditi dalla classe dirigente che avrebbe dovuto rappresentarci e oggi, dopo cinquant’anni sono evidenti i risultati di quell’infedeltà. Ma parlando d’arte, l’anno spartiacque in Italia, per la mia generazione, è stato il 1964 e la presenza della Pop Art americana alla Biennale di Venezia vinta da Robert Rauschenberg. Io, figlio di marinai e originario di San Vito Chietino, in Abruzzo, all’epoca ero un giovane studente dell’Accademia di Belle Arti di Venezia (una realtà molto diversa da quella odierna) e allievo dello scultore Alberto Viani, come sai, vicino allo spazialismo seppure senza averne mai fatto parte, aderente al Fronte delle Arti. Il mio immaginario, fino a quel momento, era quello. Nessuno aveva mai visto con i propri occhi opere Pop (tranne Jasper Johnes l’anno prima con una mostra passata in sordina e d’insuccesso sul fronte del mercato alla Galleria Cardazzo) e quel movimento artistico, in quel lampo, rappresentava finalmente la realtà urbana. Proprio quella che volevamo cambiare, ma anche l’opportunità di avvalersi finalmente di tecniche nuove e diverse. Durante la contestazione l’Accademia non fu mai sgomberata – eravamo in pochi – e l’allora Direttore Giuseppe De Logo – per farti capire il clima di quell’ambiente – nonostante la sua lontananza alla contingenza del momento, accordò la nostra richiesta di fare venire come insegnante Umbro Apollonio per permetterci di avere una visione più aderente al contemporaneo.

MLP Dunque è lì che il tuo lavoro prende una sfumatura nuova e inedita? Lucia Spadano Puoi spiegare bene come e in che modo?

VB Si, lì inizio a rimuovere dal mio immaginario alcune forme geometriche di derivazione vianesca, inizio a sganciarmi dalla tradizione per così dire e lascio che la lezione di Rauschenberg mi si offra come nuova fonte d’ispirazione soprattutto sul fronte delle tecniche. Ad esempio comincio a utilizzare la trielina, già prassi nell’opera dell’americano da tempo. Quasi al termine degli anni accademici nasce nella mia visione il problema del corpo inteso come realtà vissuta e da vivere tanto intellettualmente quanto fisicamente. Non era, tuttavia, il fronte Body ad interessarmi, pertanto il corpo entra nel mio lavoro tramite la pittura, la scultura, diversificate tecniche, non ultima la fotografia, come espressione di una realtà sociale che in primo piano ne aveva comunque messo la presenza fisica. 

Roberto Sala Puoi chiarire meglio ancora il tuo rapporto con il corpo e la conseguente relazione con la fotografia?

VB Innanzi tutto sulla fotografia, allora come oggi, essa rappresenta per me il modo per trovarmi immerso nelle cose ma attraverso un filtro, quell’appunto fotografico. È come assumere una distanza, diciamo da quella fisica dagli oggetti e dal corpo, per poi re-incontrarmi con essi. La fotografia, in tal senso, è una sorta di protesi che mi permette risultati impossibili da raggiungere con altri mezzi, ovviamente anche con lo stesso occhio umano. La fotografia artistica offre, infatti, un allontanamento dal mondo reale, distinguendosi, se vuoi, da quella tradizionale e documentativa anche e soprattutto nell’atto formale che, per certi versi esteticamente funziona anche meglio di quella di cui sto parlando io in taluni contesti. Per chiarirci l’arte è genericamente capace di elevare e concettualizzare la fotografia. 

Premio Michetti Vito Bucciarelli

MLP Questo discorso intorno alla fotografia è molto interessante. E ascoltandoti ora si fa chiaro il motivo per il quale probabilmente, nel contesto del Premio Michetti quest’anno dedicato alla fotografia, tu sia stato invitato proprio con un’opera fotografica. Voglio dire che, conoscendo meglio il tuo lavoro scultorio, forse ti avrei immaginato in spaccati diversi da questo. Come vedi questo fatto?

VB È la prima volta che partecipo a un Premio Michetti, e i curatori Claudio Cerritelli e Anna Imponente mi hanno specificatamente richiesto un lavoro fotografico appartenente al periodo agravitazionale. In mostra, infatti, c’è un’opera del 2009, tre immagini fotografiche che ritraggono un amico medico di Lanciano secondo il profilo dello Psiconauta e trattate nello sfondo con un processo d’impressione fotosensibile tale da restituire un effetto pittorico. È obiettivamente possibile che, per ciò che ti ho raccontato pocanzi, la fotografia rappresenti una sorta di trait d’union del mio intero lavoro se considerata in termini di contaminazione. 

RS Cosa intendi dire esattamente?

VB Agli inizi degli anni Settanta le tendenze dominanti erano quelle dell’Arte Povera da un lato, per il suo rompere la forma, dall’altro i vari concettualismi per la dissoluzione totale dell’oggetto. La sola possibilità, per chi non sentiva una totale aderenza a questi linguaggi, era la contaminazione. In tal senso e ad esempio Enrico Crispolti formulò l’etichetta di Post Concettuale per artisti come me, ma a distanza di tempo, sarei per affermare che sarebbe stato più corretto parlare di “dopo – concettuale” nel senso che io, come altri compagni di viaggio, non venivamo dopo quel momento, non lo superavamo, ma vi eravamo di fianco interessati ad altri fronti di ricerca. 

LS Vito racconta a Letizia e Roberto della tua prima esperienza espositiva.

VB Era il 1972 e si svolse a Bologna negli spazi della Galleria 2000. Esponevo una serie di tele emulsionate insieme a marmi serigrafati e un autoritratto tridimensionale in terracotta. Lo Psiconauta all’epoca era già nato. In quei processi il corpo si racconta ma non in modo diretto, come ho già detto, ma attraverso il filtro del trasferimento.

MLP Quindi la forma scultoria dello Psiconauta nasce come operazione di trasferimento? C’è dunque un nesso che interessa il processo, sia esso in ambito scultorio sia fotografico? Si potrebbe dire che lo Psiconauta è rappresentativo di una forma – di un corpo – continuamente trasferita, dunque in costante trasformazione nonostante le apparenze?

VB Lo Psiconauta nasce innanzi tutto da un processo fotografico. Dopo di che, ciò si trasforma nella modellazione della scultura ma attraverso quello che sinteticamente potremmo definire un fare per sottrazione. Mi spiego meglio. Nella fotografia analogica quando avviene l’impressione su pellicola ciò che in seguito si osserva è l’immagine latente rimasta insensibile alla luce. Conosci di certo il procedimento attraverso il quale nasce una scultura. Si realizza lo stampo in gesso, vi coli la borbottina, quando la svuoti ottieni l’oggetto in terra cotta. In sintesi anche questo è un processo per sottrazione, sicché fra fotografia e scultura vi è un’affinità che non si palesa nella forma di superfice, quanto invece nel suo processo ideativo. Nella nostra cultura il Rinascimento ha pesato per secoli, con la prerogativa intellettuale di immaginare l’uomo sempre al centro dell’universo, oltre che la sua misura con lo spazio. Questo pensiero ha fallito e oggi è di sicuro più pertinente parlare di un rapporto ubiquitario dell’uomo con l’universo. Lo Psiconauta, si trasferisce, si trasforma, spazia nell’infinito negando la sua centralità. Lo Psiconauta naviga e mostra l’impermanenza che accompagna la nostra epoca.

MLP e RS Qualche battuta finale. Ti aspettavi di essere premiato? 
LS Io, invece, prima di salutarci, desidero chiederti come vedi oggi le nuove generazioni di artisti? Io ne ho visti crescere tanti in quarant’anni e più di carriera. Tu che percezione hai?

VB Non mi attendevo alcun premio. È stata una sorpresa e ne sono felice. Va da sé che ogni epoca ha il proprio modo di osservare le cose. Credo che i giovani artisti di oggi solo recuperando un senso etico del proprio agire, trascurando i meccanismi del mercato che, per sua stessa natura non ha altro interesse che sostenere se stesso, possano offrire una risposta alle negatività che attualmente si annidano nel mondo dell’arte odierno che, come sai, è un sistema molto diverso da quello che abbiamo conosciuto noi.

70° edizione del Premio Michetti
Attraversamenti – Tra Arte e Fotografia
a cura di Anna Imponente e Claudio Cerritelli
MuMI-Museo Michetti
Piazza S. Domenico, 1
66023 Francavilla al Mare (Ch) 
Visite da martedì a domenica – ore 19 / 23
www.fondazionemichetti.it

Artisti in Mostra Adriano Altamira, Milena Barberis, Angelo Barone, Erika Bellanca, Cristiano Berti, Antonio Biasiucci, Anna Valeria Borsari, Davide Bramante, Elina Brotherus, Vito Bucciarelli, Silvia Camporesi, Mandra Stella Cerrone, Federica Cogo, Christian Cremona, Lucia Crisci, Dana De Luca, Carola Ducoli, Antonella Gandini, Fernando Garbellotto, Leonardo Genovese, Giuliano Giuman, Zeng Han, Rafael Yossef Herman, Mohamed Keita, Marialisa Leone, Nataly Maier, Maïmouna Guerresi Patrizia, Letizia Marabottini, Pietro Mussini, Cinzia Naticchioni Rojas, Claudio Palmieri, Laura Panno, Claudia Peill, Mara Pepe, Robert Polidori, Qiu, Anna Ricca, Mattia Ruggeri, Paolo Mussat Sartor, Elisa, Sighicelli, Fausta Squatriti, Sandy Skoglund.

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