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Sein ist Zeit//Vivemus

Maria Letizia Paiato

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Andrea Di Cesare, Sein ist Zeit//Vivemus, Pescara, 2016-2017, ph Marco Di Vincenzo

C’è una Pescara segreta che, conosciuta a pochi, pulsa silenziosa nelle rare abitazioni di fine Ottocento che, sopravvissute ai pesanti bombardamenti del ’43, raccontano un mondo dimenticato. È questo il caso di Palazzo Filippone Mezzopreti Gomez, che con Sein ist Zeit//Vivemus, mostra di Andrea di Cesare a cura di Simone Ciglia, si fa scoprire/riscoprire agli occhi di una città quasi ignara della sua esistenza. Tuttavia, non è il palazzo il protagonista di questo spaccato di arte contemporanea, ma la cornice di un gesto artistico che, in punta di piedi, si è adagiato fra queste stanze, restituendole un autentico respiro di vita. Sein ist Zeit//Vivemus ovvero Essere e tempo, è il secondo episodio di un ciclo di mostre che, Andrea Di Cesare, sta svolgendo e portando avanti sul tema dell’essere dell’individuo contemporaneo, partita da una riflessione sul testo del filosofo Martin Heidegger (1889-1976) – Sein und Zeit (Essere e tempo) del 1927, da cui la presa a prestito del titolo di questo intervento. Azione preceduta da SHARE ME svoltasi in un appartamento abitato di Pescara e incentrata sulla dimensione della socialità e la fenomenologia della condivisione nell’era della massificazione digitale. In questa nuova esperienza a Palazzo Filippone Mezzopreti Gomez, Di Cesare torna sulla questione fondamentale che ha animato la riflessione heideggeriana: «la domanda circa il senso dell’essere». Il suo essere uomo e artista, innanzi tutto, nei confronti del luogo, di un abitare, di una quotidianità lontana dal chiacchiericcio dei media, dei social, di tutto ciò che freneticamente azzera i tempi e le esperienze. Di Cesare posiziona/riposiziona all’interno della casa semplici oggetti comuni affiancandoli, contestualmente, ad interventi installativi che appaiono fra gli ambienti come segni di vite vissute. C’è la sua innanzi tutto e s’intende, capace, di parlare a chiunque, illuminando i ricordi di un passato che lega generazioni. C’è una teiera, ad esempio, i cui cocci sono rimessi assieme da Di Cesare non con la colla, ma con la gomma da masticare. In sostanza, è ripristinata con un materiale insolito, come farebbe un bambino, un materiale “scorretto”, metafora della ricostruzione di un possibile nucleo familiare, la cui vita, che scorre nella quotidianità è messa in risalto dalla contraddizione. C’è poi un tessuto ricamato, anche questo oggetto evocativo di un ricordo d’infanzia, dove il lavoro degli adulti diventa il passatempo dei bambini e allo stesso tempo contributo alla gestione della quotidianità stessa. Un tessuto che porta la traccia di Messa in forma, ossia il profilo di una conformazione tipica dell’artista a partire dal 2011 – una sorta d’impronta riconoscibile e a lui riconducibile – che ritorna, anche in questa mostra, in una scultura, nella sala attigua, ma anche nel segno evanescente di rossetto tracciato su un grande specchio, nelle linee color oro tratteggiate sui vetri di due piccole opere a parete, infine nell’abbozzo sulla carta da parati rovinata, che rimanda propriamente all’esigenza espressiva tipica dei bambini attratti dalla possibilità di disegnare sui muri. Ma ancora: l’idea di una cultura sartoriale casalinga ritorna nello stencil a terra che Di Cesare compone utilizzando cenere e la polvere della casa, ottenendo il disegno da un vecchio centrino realizzato dalla madre. L’idea della polvere, di un elemento celato ma sempre presente, è metafora stessa di un disegno del tempo che, sovrapposto al ricordo riattualizzato dell’artista, riesce, di fatto, a disegnare il presente. Infine, una fila di piatti di porcellana, la cui ricerca e collocazione ha, ancora una volta a che fare con i temi della memoria e del recupero, si mostrano attraversati, coperti da interventi a vernice spray. Un gesto che accompagna l’osservatore verso un vedo/non vedo, scopro/non scopro, ancora una volta finalizzato ad attualizzare il loro esistere contestualmente al luogo. Una gettata spray, tuttavia, che al contempo pare essere un segno della precedente esperienza artistica di Di Cesare maturata nell’ambito del writing. Dopo una vita trascorsa a nascondersi – se così vogliamo dire – Di Cesare affronta il mondo dell’arte svelando se stesso agli altri, scoprendo se stesso per se. È lui, infatti, il protagonista del video in mostra che, nell’atto ripetitivo del gesto del mordersi le dita, mostra il proprio io nell’Essere e nel Tempo.

Andrea Di Cesare è nato a Pescara nel 1977. Fra le sue mostre personali: Sein Ist Zeit (essere è tempo) | share me (atto1), Pescara, 2016; Archivium, spazio Schmid Productions, Milano, 2014; HI, Pescara, 2012. Fra le collettive: Diserta, Spoltore (PE), 2016; Visioni di Gaia, Monsampolo Del Tronto (AP), 2016; Capri the Island of Art, Capri, 2015.

www.andreadicesare.it

Palazzo Filippone Mezzopreti Gomez

Viale Bovio 25 – Pescara

Andrea Di Cesare, Sein ist Zeit//Vivemus, Pescara, 2016-2017, ph Marco Di Vincenzo
Andrea Di Cesare, Sein ist Zeit//Vivemus, Pescara, 2016-2017, ph Marco Di Vincenzo
Andrea Di Cesare, Sein ist Zeit//Vivemus, Pescara, 2016-2017, ph Marco Di Vincenzo
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Andrea Di Cesare, Sein ist Zeit//Vivemus, Pescara, 2016-2017, ph Marco Di Vincenzo
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Andrea Di Cesare, Sein ist Zeit//Vivemus, Pescara, 2016-2017, ph Marco Di Vincenzo
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Andrea Di Cesare, Sein ist Zeit//Vivemus, Pescara, 2016-2017, ph Marco Di Vincenzo
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Tags: Andrea Di Cesare Maria Letizia Paiato Palazzo Filippone Mezzopreti Gomez Sein ist Zeit//Vivemus Simone Ciglia

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